
Caso De Maria, il rapporto dal carcere: è equilibrato, ha relazioni affettive sul lavoro
«Una persona totalmente equilibrata, senza scompensi psichici». Così veniva descritto Emanuele De Maria, il detenuto di Bollate (Milano) che ha ucciso Chamila Wijesuriya, la barista 50enne dell'hotel Berna, e poi accoltellato un altro collega, Hani Nasr, riuscito a sopravvivere all'aggressione dopo un lungo intervento in ospedale. Quelle parole vengono da due relazioni firmate da un team di esperti del carcere, una risalente al 2023, l'altra al 2024. E anche queste frasi hanno contribuito al fatto che De Maria sia riuscito a ottenere un permesso diurno per lavorare.
Oggi, mercoledì 14 maggio, è arrivata la richiesta del ministro della Giustizia, passata per la Corte d'Appello di Milano, di avere una relazione urgente da parte del Tribunale di Sorveglianza sul caso e gli atti sull'ammissione al lavoro esterno. Nelle carte ci sono due relazioni dell'équipe di psicologi ed educatori, firmate dalla direzione del carcere milanese di Bollate, una del 2023 e l'altra del 2024, e il provvedimento di poche righe del giudice Giulia Turri che, sulla base di quelle relazioni, ha dato l'ok.
Nella prima relazione il carcere ha segnalato che De Maria, condannato a 14 anni e 3 mesi in abbreviato per l'omicidio, senza aggravanti, di una donna, era una persona collaborativa, che aveva dato segni di resipiscenza, aveva iniziato a studiare e aveva dato anche due esami universitari. Anche nella seconda relazione, incentrata sul suo percorso di lavoro nell'albergo e seguita alla richiesta di un permesso premio ulteriore, sono stati messi nero su bianco tutti aspetti positivi, nessuno negativo.