Meloni vede Draghi: uniti su natalità e debito comune, divisi sul diritto di veto
A volte ritornano. Mario Draghi si trattiene un’ora e un quarto con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Sale gli scaloni rossi dal cortile, rivede la premier conservatrice che emozionata, due anni fa, aveva ricevuto da lui la campanella in quelle stanze. Hanno sempre tenuto un canale aperto. Promettono di «tenersi in contatto» nei prossimi mesi di montagne russe tra Roma e Bruxelles: il battesimo della nuova Commissione Ue, il Patto di Stabilità 2.0 che entra in vigore, la scommessa del governo italiano che ha ritagliato un posto al conservatore Raffaele Fitto nella cabina di regia europea.
Saltano i convenevoli. Tranne uno: Draghi ha apprezzato il restyling dell’ufficio del presidente del Consiglio, angolo via del Corso, che Meloni ha ordinato a pochi giorni dal giuramento. Addio tende damascate e pareti dorate e via a pennellate di bianco con boiserie in grigio e faretti incastonati.
Ma è una chiacchierata densissima quella andata in scena tra l’ex e la nuova inquilina di Palazzo Chigi. Parlano di Europa e si intendono su tanti dei fondamentali contenuti nel rapporto Draghi consegnato dieci giorni fa nelle mani di Ursula von der Leyen. In fondo entrambi vogliono cambiarla, l’Europa com’è. Le ricette collimano, anche se solo in parte.