Ci sarebbero 20 mila morti in più in Italia per coronavirus. Un numero che rivela un maggiore impatto del Covid-19 sui decessi in Italia rispetto ai dati forniti quotidianamente dalla Protezione civile. A fare chiarezza statistica è l’analisi della mortalità nel periodo di epidemia da Covid-19 redatta dall'Inps, secondo cui nel periodo tra marzo e aprile è stato registrato un aumento di 46.909 decessi rispetto ai 109.520 attesi.

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Il numero di morti dichiarate come Covid-19 nello stesso periodo era invece di 27.938. Questi dati, dice l'Istituto, «sono considerati ormai poco attendibili» perché escludono un’ampia fascia di persone che muoiono in casa e non in ospedale. Inoltre, il dato sarebbe influenzato non solo dalla modalità di classificazione della causa di morte, ma anche dall’esecuzione di un test di positività al virus. Come da previsioni, secondo l’Inps, a far registrare i numeri più preoccupanti è il Nord Italia: +84% di morti tra marzo e aprile rispetto alla media degli anni precedenti, con le province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza che presentano una percentuale di decessi superiore al 200%.

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I numeri dicono che, mentre tra gennaio e febbraio i morti in Italia sono stati 114.514, ovvero 10.148 in meno rispetto ai 124.662 attesi, tra marzo e aprile se ne sono contati in tutto 156.429, ovvero 46.909 in più rispetto a quelli previsti. Un aumento significativo che l’Inps attribuisce alla diffusione del Covid e che supera quindi i decessi dichiarati nello stesso periodo dalla Protezione civile, che erano 27.938 unità: «A questo punto ci si può chiedere quali sono i motivi di un ulteriore aumento di decessi pari a 18.971?». La risposta, per l’Inps, è semplice: visto che il numero di decessi è piuttosto stabile nel tempo, con le dovute cautele, «possiamo attribuire una gran parte dei maggiori decessi avvenuti negli ultimi due mesi, rispetto a quelli della baseline riferita allo stesso periodo, all'epidemia in atto».

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