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Israele, congelata riforma giustizia dopo caos proteste. Netanyahu presto da Biden

Il premier annuncia il rinvio del passaggio parlamentare della contestata riforma della giustizia dopo che il Paese era rimasto paralizzato per ore dalla protesta di massa

Aggiornato il 27 marzo alle 19,30

Proteste davanti a casa Netanyahu contro la riforma giudiziaria

5' di lettura

È crisi istituzionale in Israele per la contestata riforma della giustizia voluta da Benjamin Netanyahu. «Non voglio spaccare il Paese, prenderò il tempo che serve per cercare il dialogo», ha detto il premier in un atteso discorso in diretta tv in cui ha annunciato il congelamento del testo di legge in un intervento in televisione intorno alle 19 ora italiana, per tentare di arginare l’ondata di proteste esplosa in tutto il paese. A essere sospese sono, quindi, la seconda e terza lettura alla Knesset della riforma. L’obiettivo è tentare un compromesso che sembra oggi ostico, fra la linea dura della destra radicale favorevole alla riforma e il muro delle opposizioni contro un testo accusato di minacciare l’indipendenza della Corte suprema israeliana. Lo shekel, la valuta israeliana, sta guadagnando terreno alla Borsa di Gerusalemme dopo l’annuncio, balzando fino ai massimi da sei settimane (+1,7% sul dollaro).

Sospeso lo sciopero, si tenta dialogo

I sindacati hanno sospeso la mobilitazione e lo sciopero generale dopo l’annuncio del premier. Davanti al parlamento israeliano si erano radunati oltre 70mila manifestanti, in una protesta che si è svolta finora senza incidenti.

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Ora l’obiettivo è di intavolare una trattativa sul testo, anche se le distanze non sono facili da colmare. «Mi presenterò al dialogo, nella residenza del capo dello Stato Isaac Herzog, con cuore aperto e anima sincera» ha affermato Benny Gantz, leader del partito centrista Mahane Mamlachti’, accogliendo così l’appello lanciato in precedenza dal premier Benyamin Netanyahu. Anche Yair Lapid, leader del partito centrista Yesh Aitd, ha detto di essere disposto ad intavolare un dialogo sotto l’egida di Herzog.

Il passo indietro di Netanyahu è stato avallato anche dal ministro israeliano per la Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, esponente della forza di destra radicale Potenza Ebraica, che prima aveva minacciato di far cadere l’esecutivo, invitando i suoi sostenitori a contro manifestare a sostegno della riforma, per poi far sapere di essere disponibile a rinviare la riforma fino alla ripresa della Knesset, dopo la Pasqua ebraica, a patto che il governo esamini subito la creazione di una “Guardia nazionale” sotto la guida dello stesso Ben Gvir. Lo riferiscono i media israeliani, secondo cui “Potenza ebraica” ha diffuso una lettera con l’impegno in questo senso firmata dal premier Benyamin Netanyahu al termine dell’incontro con Ben Gvir. «Ho accettato di rimuovere il mio veto - ha scritto - in cambio di questo impegno».

Usa preoccupati, Biden invita Netanyahu dopo Pasqua

Da Washington filtra preoccupazione per la situazione in Israele: lo ha detto il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby, ricordando l’invito di Joe Biden a un compromesso sulla controversa riforma della giustizia. Kirby ha aggiunto che il presidente americano ha condiviso direttamente e in modo «molto franco» le sue preoccupazioni con il premier israeliano Netanyahu. Lo stesso Biden inviterà «presto» Netanyahu alla Casa Bianca, in un incontro che dovrebbe tenersi dopo Pasqua.

Intanto un corteo a favore di riforma e Netanyahu è atteso in serata a Gerusalemme, di fronte alla sede della Corte suprema, con la partecipazione dei gruppi della destra radicale e ultras della squadra di calcio Betar Gerusalemme. Il ministro della Giustizia Yariv Levin, autore della riforma, ha messo in chiaro che «rispetterà» qualunque decisione, ma ha sottolineato i rischi per la tenuta della maggioranza. Il collega titolare delle Finanze e leader di Sionismo religioso, Bezalel Smotrich, non sembra invece disposto al dialogo. «Non dobbiamo fermare per alcun motivo la riforma. Siamo la maggioranza - ha affermato su Twitter -, non dobbiamo arrenderci alla violenza, all’anarchia, agli scioperi selvaggi, alla disobbedienza. Ci troviamo tutti alle 18 alla Knesset. Non consentiremo che ci rubino i nostri voti e il nostro Stato». Il governo è appena rimasto a galla per soli sei voti in una mozione di sfiducia fallita con 59 voti contro e 53 a favore.

Chiudono ambasciate e Borse

Nel frattempo, il paese resta paralizzato dalle proteste in varie città israeliane, mentre il premier su Twitter invita tutti alla calma: «Chiedo a tutti i manifestanti, di destra e di sinistra, di comportarsi in modo responsabile e non agire violentemente», perché «siamo tutti fratelli».

L’Histadrut, il più grande gruppo sindacale israeliano, ha annunciato uno sciopero generale «storico» per protestare contro la riforma. Lo stop coinvolge tutti i dipendenti del governo, comprese le missioni diplomatiche israeliane nel mondo: un portavoce dell’ambasciata israeliana negli Stati Uniti conferma che la sede è stata chiusa fino a nuovo avviso, mentre l’ambasciata israeliana a Roma annuncia su Twitter che da oggi è chiusa e non saranno forniti i servizi consolari. La paralisi si estende anche alla Borsa di Tel Aviv, che resterà chiusa domani, e all’aeroporto cittadino Ben Gurion, bloccato dalla mattina.

Israele nel caos: sciopero generale contro riforma giustizia, governo in bilico

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Il presidente israeliano Isaac Herzog aveva sollecitato al primo ministro Benjamin Netanyahu a fermare la riforma della giustizia che «indebolisce il sistema giudiziario: abbiamo assistito a scene difficili». Domenica Netanyahu aveva licenziato il ministro della Difesa Yoav Gallant, del Likud, reo di aver chiesto di congelare la riforma giudiziaria che sta spaccando Israele. Proteste nel Paese, in particolare indetta una grande mobilitazione davanti alla sede della Knesset, il Parlamento israeliano. Gallant, ministro della Difesa di Israele, è stato licenziato dal premier Netanyahu dopo che ha chiesto di ritirare il contestato disegno di legge di riforma della giustizia per ragioni di sicurezza nazionale. Avi Dichter, ex capo dell’agenzia di sicurezza Shin Bet, è il favorito per la successione.

La legge di riforma giudiziaria «va fermata, subito», aveva detto in un discorso alla Nazione Gallant, uno dei più stretti alleati del premier Benyamin Netanyahu e figura di spicco del Likud, il partito conservatore al governo del Paese. «Occorre ritrovare l’unità nazionale. Già adesso - ha continuato Gallant - esiste un pericolo chiaro, immediato e concreto alla nostra sicurezza nazionale».

Gallant, che si è detto disposto a pagare «un prezzo personale» per le sue idee. Cosa che è puntualmente avvenuta con il suo siluramento.

Gallant ha twittato poco dopo l’annuncio del suo licenziamento che «la sicurezza dello Stato di Israele è sempre stata e rimarrà sempre la mia missione di vita».

Lapid: Netanyahu è una minaccia per la sicurezza di Israele

Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha dichiarato che il licenziamento di Gallant è un «nuovo minimo per il governo antisionista che danneggia la sicurezza nazionale e ignora gli avvertimenti di tutti gli esponenti della difesa».«Il primo ministro di Israele è una minaccia per la sicurezza dello Stato di Israele», ha scritto Lapid su Twitter.

Anche l'esercito è spaccato

«Gli eventi in corso nella società israeliana - aveva detto ancora Gallant - coinvolgono anche le forze armate. Da ogni parte giungono sentimenti di collera, di dolore e di massima delusione di un’intensità che non avevo mai visto prima. Constato come la fonte della nostra forza si sta erodendo. In quanto ministro della Difesa di Israele, io dico nel modo più chiaro che le lacerazioni che si stanno verificando nella nostra società stanno penetrando anche nell’esercito e nelle altre istituzioni di sicurezza».

La riforma prevede un drastico ridimensionamento dell’autonomia del potere giudiziario, che sarebbe sottoposto a quello del governo.

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