Aboubakar Soumahoro lascia l’alleanza Verdi Sinistra e passa al gruppo Misto. Ad annunciarlo è lo stesso deputato, all’interno di un corposo dossier pubblicato sul suo sito web e relativo alla vicenda giudiziaria che ha coinvolto le cooperative gestite anche da sua moglie e da sua suocera. “Mi ha francamente stupito e amareggiato, ad eccezione di qualche parlamentare, l’assenza della solidarietà umana e del supporto politico da parte del gruppo parlamentare Alleanza Verdi-Sinistra, con quale sono stato eletto da indipendente. Dopo un’attenta e sofferta meditazione sul piano umano e politico, ho maturato la decisione di aderire al gruppo parlamentare Misto, lasciando il gruppo AVS, per proseguire la mia attività di Parlamentare”, scrive Soumahoro. Provocando la replica di Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa verde: “Non sono per nulla sorpreso, perché rispetto a quanto accaduto finora non abbiamo avuto, dal mio punto di vista, sufficienti spiegazioni. Sono però umanamente deluso, ma non per la sua decisione di passare al Misto, quanto per tutta la vicenda”, dice il deputato ambientalista.

“Inutile continuare a discutere dell’inesistente caso Soumahoro” – Ma cosa scrive Soumahoro nel suo dossier? A livello politico sostiene di essere “entrato in Parlamento con l’impegno di dare rappresentanza ai bisogni, alle aspirazioni, alle sofferenze e ai desideri di quanti sono stati dimenticati o resi ‘invisibilì da anni nel nostro Paese. L’altissima astensione che ha caratterizzato le ultime elezioni politiche è sintomo di una disaffezione e una disillusione da parte dei cittadini che bisogna umilmente saper interpretare, fornendo risposte e proposte politico-legislative concrete, chiare e credibili. Molti sono gli impegni presi con le persone che intendo onorare attraverso la più ampia condivisione, e nella convinzione che i valori e i principi che sempre hanno caratterizzato la mia attività sul campo restano le fondamenta del mio lavoro, dentro e fuori le Istituzioni. Per questo, trovo assurdo continuare a discutere dell’inesistente ‘caso Soumahoro‘, come è avvenuto in questi ultimi due mesi: si deve rimettere al centro dell’attenzione le condizioni dei braccianti, dei poveri, dei dimenticati e degli invisibili che sono usciti dai radar, anche nella Legge di Bilancio recentemente approvata. Tuttavia, chi ha montato il caso sapeva bene cosa stava facendo: questa vicenda non è accaduta a caso. Ora bisogna tornare a parlare di chi ha bisogno: io non mai smesso, non ho rallentato di un attimo le attività sul territorio anche durante questa aggressione verso la mia persona, e intendo intensificare ancora il mio impegno, lo devo innanzitutto ai cittadini che mi hanno votato”.

L’indagine sulle coop – In realtà, però, quello che il parlamentare definisce come “l’inesistente caso Soumahoro” è legato alle indagini della procura di Latina sulle cooperative gestite pure da sua moglie e da sua suocera. Il 15 dicembre scorso il giudice per le indagini preliminari di Latina, Giuseppe Molfese, ha interdetto sei indagati per un anno e ordinato il sequestro di oltre 650mila euro. Per il gip, che ha accolto la richiesta del pm Andrea De Angelis con il visto del procuratore capo di Latina Giuseppe De Falco, Marie Therese Mukamatsindo, suocera del deputato e i figli Michel Rukundo e Liliane Murekatete, moglie di Soumahoro, “hanno mostrato elevata spregiudicatezza criminale nell’attuare un programma delinquenziale, a gestione familiare, protratto nel tempo e rivestendo le qualifiche societarie documentate in atti”. Le indagini sono relative agli anni che vanno dal 2015 al 2019. A vario titolo agli indagati vengono contestati l’inserimento di costi inesistenti nelle dichiarazioni fiscali, fatture false per sostenere quei costi ed evadere le tasse e incassare anche finanziamenti pubblici per la gestione delle cooperative impegnate nel sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati. Il gip ha anche disposto il sequestro di 650mila euro.

“Diritto all’eleganza? Non sono stato compreso”- Ora Soumahoro sostiene che a seguito dell’indagine aperta dalla procura di Latina, le foto di Liliane Murekatete sono state riprese “da quotidiani, siti e rotocalchi che hanno sottolineato e commentato il suo modo di vestirsi, la tipologia di abbigliamento e accessori utilizzati, etc”. E che sua moglie, prosegue il dossier, è stata “soprannominata provocatoriamente lady Gucci” ed “è stata al centro di una serie di pesanti commenti e insinuazioni da parte della stampa e di opinionisti di varia natura”. Il parlamentare interviene anche sulla sua dichiarazione, rilasciata durante l’intervista a Piazzapulita, in cui aveva replicato alle contestazioni sulle borse di lusso della moglie spiegando che “esiste un diritto all’eleganza, un diritto alla moda la moda non è né bianca né nera, è umana”. “Mi spiace sinceramente che non sia stato compreso ciò che realmente intendevo dire quando ho parlato di diritto alla moda e all’eleganza – dice oggi – laddove intendevo riferirmi al diritto di chiunque di vestirsi come meglio crede. Tuttavia trovo davvero singolare che mi si chieda di esprimere un giudizio di valore circa foto della mia compagna risalenti a 4 anni prima che io la conoscessi”.

“Nessun conflitto d’interesse “- A livello giudiziario, il deputato respinge ogni accusa di conflitto di interesse “né diretto né indiretto, nell’ambito della mia attività Parlamentare. Ricopro questa carica da tre mesi, prima ero un attivista socio-sindacale che ha lottato per oltre vent’anni per i diritti dei lavoratori e contro lo sfruttamento e la precarietà, non nasco certo dal nulla. Vorrei porre io una domanda: le indagini sulla Karibù si sono sviluppate tra il 2015 e il 2019, e nel frattempo gli enti pubblici hanno continuato a collaborare con la Cooperativa, anche perché – secondo il Comune di Roma – la situazione appariva regolare dal punto di vista amministrativo fino al mese di ottobre 2022. Mi chiedo allora: a chi spettava controllare? Al ministero degli Interni, ai Comuni territorialmente competenti e agli altri Enti locali? O sono io che avrei dovuto sostituirsi ad essi? La verità è che non ho mai tratto alcun vantaggio dalle attività della Cooperativa Karibu; non sono mai stato membro né delle cooperative né dei loro Consigli di amministrazione, non ho mai prestato consulenze ai loro Enti, e chiunque affermi il contrario sta mentendo e formulando accuse inventate, senza nessuna prova”.

“Nel 2021 chieste spiegazioni sulla vicenda Karibu” – Estraneo all’inchiesta sulle coop gestite da suocera e moglie, oggi Soumahoro sostiene che “a fine 2021 lessi da alcuni articoli di stampa sulla mancata retribuzione ad alcuni dipendenti della Karibu e – pur non avendo alcun interesse diretto nelle cooperative – chiesi immediati chiarimenti a riguardo. Venni informato del fatto che non erano ancora pervenuti tutti i soldi necessari per pagare gli stipendi, che si erano sollecitati gli Enti pubblici, e – così mi venne detto – che auspicabilmente tutto si sarebbe risolto in tempi ragionevoli”. Secondo il deputato “la cooperativa aveva un’ottima reputazione in quanto premiata e apprezzata da molti giornali e politici locali e nazionali, dunque non avevo motivo di ritenere vi fossero criticità insanabili, a parte una temporanea difficoltà di cassa, purtroppo abbastanza frequente per chi opera con progetti finanziati da fondi pubblici. In ogni caso, ho totale fiducia nella Magistratura, e se sono stati commessi degli errori, chi li ha commessi pagherà”. Soumahoro – spiega il dossier – “in questi anni ha visitato unicamente una sede della cooperativa Karibu, quella dedicata all’assistenza ai minori, trovando un ambiente pulito e dignitoso come peraltro pubblicamente riconosciuto dal Comune di Roma, che ha confermato che la situazione (certificazione Durc) risultava regolare fino al 27 ottobre 2022”. Ma perché Soumahoro non si attivò per sostenere i lavoratori della coop rimasti senza paga? “Posso rispondere due cose – scrive oggi – la prima, a giustificazione del tutto parziale, è che mentre ero fortemente impegnato con le mie attività sindacali e sociali sul territorio nazionale, avevo speranza che la situazione potesse rapidamente risolversi una volta arrivati i fondi pubblici attesi; la seconda è porre le mie scuse incondizionate a quei lavoratori, che avrebbero meritato da parte mia – in ogni caso e a prescindere da quanto sopra – una più sollecita attenzione. Quando una persona sbaglia, anche se solo per sottostima del problema e non in malafede, esiste una sola soluzione: scusarsi, ed impegnarsi a fare meglio in futuro affinché non capiti mai più”.

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