Un tentativo di attacco ai siti del Vaticano, andato almeno in parte a buon fine: nel pomeriggio di martedì sono sparite dalla Rete tutte le pagine che hanno i loro server nel cuore della Santa Sede, dal portale istituzionale a quello dei musei, dai siti di informazione alle pagine dei dicasteri. “Sono in corso accertamenti tecnici per via di tentativi anomali di accesso al sito”, ha fatto sapere la sala stampa vaticana che precedentemente aveva parlato invece di una ordinaria attività di “manutenzione”. Una spiegazione, quest’ultima, che cozzava con il fatto che i lavori sulla rete fossero eseguiti nel primo pomeriggio, orario in cui il web è super-consultato, e soprattutto senza una pagina di avviso agli utenti.

Ci sono stati anche in passato attacchi alla rete informatica della Santa Sede. Nel 2020 ci fu un tentativo di intrusione da parte di hacker cinesi, secondo quanto riferì la società americana Recorded Future. Nel 2015, altro attacco, questa volta, sempre fonti americane dissero che era partito dalla Turchia. Ma anche di recente, a fine agosto, ci fu per ore un blocco dell’aggiornamento dei siti al quale non venne data una spiegazione ufficiale. Sull’ultimo attacco nessuno ne comunica ufficialmente la provenienza. Ma le modalità della disfunzione, prima un rallentamento nella navigazione e poi la caduta a grappolo dei vari siti con l’estensione “.va”, a molti esperti fa ipotizzare la mano di cyber-criminali russi che tra l’altro in questo periodo avrebbero preso di mira anche altri siti istituzionali in Europa.

Una giornata difficile dunque per il Vaticano che era cominciata con l’attacco diretto a Papa Francesco da parte del leader ceceno Ramzan Kadyrov secondo il quale Bergoglio “è rimasto vittima della propaganda”. Il Pontefice in una intervista aveva parlato di particolari crudeltà in Ucraina dei soldati ceceni e buriati. “Tutti sono profondamente religiosi – ha sottolineato Kadyrov – E ogni combattente sa che in tempo di guerra non bisogna dimenticare l’onore, la dignità e anche il rispetto del nemico”. Dello stesso tenore erano state, nei giorni scorsi, le proteste del governatore della Buriazia, Alexei Tsydenov: “Sentire il capo della Chiesa cattolica parlare della crudeltà di specifiche nazionalità, cioè i buriati e i ceceni, è a dir poco strano”.

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