Il giornalista Pino Maniaci è stato assolto dall’accusa di estorsione, che nel 2016 gli era costata l’obbligo di dimora. Il giudice monocratico di Palermo lo ha invece condannato ad un anno e cinque mesi per diffamazione con un risarcimento per le parti civili da quantificare in sede civile e una provvisionale esecutiva sempre per le parti civili . “La procura ci fa una figura di m… alla sentenza che mi assolve per le estorsioni”, ha detto il direttore dell’emittente Telejato all’uscita dal palazzo di giustizia, commentando l’esito del processo. Per lui il pm Amelia Luise aveva chiesto la condanna a 11 anni e sei mesi di carcere, soprattutto per la pesante accusa di estorsione nei confronti degli ex sindaci di Borgetto e Partinico. “E’ stata ristabilita la fiducia nella giustizia seriamente messa a rischio dopo una richiesta di condanna in qualche modo indecente” ha detto l’ex pm Antonio Ingroia, oggi avvocato e difensore di Manìaci. Secondo l’accusa, in cambio di un ammorbidimento dei suoi editoriali televisivi, il giornalista aveva ottenuto una somma pari a 366 euro. “Sono stato l’unico caso al mondo a commettere un’estorsione con regolare fattura”, ha commentato il Maniaci, che durante il processo ha esibito la documentazione contabile della cifra incassata per una sponsorizzazione. Il caso di diffamazione per cui Maniaci è stato condannato vede come parti offese il giornalista Michele Giuliano e il pittore Gaetano Porcasi.

Il giornalista il 4 maggio 2016 era stato sottoposto all’obbligo di dimora nelle province di Trapani e Palermo, perché coinvolto nel blitz antimafia Kelevra della Dda di Palermo, in cui furono arrestate 9 persone accusate di far parte della famiglia di Borgetto, con un video, inviato dai carabinieri a corredo della nota stampa, in cui erano presenti alcuni stralci delle sue intercettazioni. Il filmato documentava le riprese delle microspie, registrate nell’ufficio del sindaco di Borgetto, Gioacchino De Luca, durante un incontro con Maniaci, con l’audio delle presunte richieste estorsive in sottofondo. Ma anche conversazioni in cui il giornalista commentava delle intimidazioni, che secondo la stampa internazionale provenivano da Cosa nostra, tanto da inserirlo nella lista dei cento eroi mondiali dell’informazione da Reporter senza frontiere. Invece erano legate ad una vicenda privata, e Maniaci commentatava: “Persino quello stronzo di Renzi mi ha telefonato”. “Quel video è stato completamente smontato durante il processo – ha detto Maniaci – ed è emerso che per la questione dell’estorsione, era stato fatto un collage, per le intimidazioni, io in realtà non ho mai realmente saputo chi è stato l’autore, ne tantomeno i carabinieri hanno fatto indagini specifiche”.

Le indagini sul giornalista erano state avviate nel periodo in cui l’emittente Telejato, nota per la peculiare attività di racconto dei fatti di mafia e dell’antimafia, si stava occupando di alcune vicende giudiziarie che riguardavano la gestione della sezione misure di prevenzione di Palermo, Silvana Saguto, che soltanto anni dopo verrà rimossa e recentemente condannata. “Leggendo le carte del processo di Caltanissetta è evidente che sono finito nell’occhio del ciclone a causa delle nostre inchieste sul sistema Saguto e i beni confiscati, che venivano spolpati senza che nessuno se ne accorgesse, doveva arrivare la televisione più piccola della Sicilia ad occuparsene, come se non ci fossero altri giornalisti, ma così è andata”. Il blitz della procura antimafia diretta da Francesco Lo Voi, in cui fu coinvolto Pino Maniaci anticipò di alcune settimane l’anniversario della morte del magistrato Giovanni Falcone, scatenando l’indignazione dell’antimafia e della magistratura. “Non avevano nessuna prova e hanno costruito un’accusa così infamante nei miei confronti – conclude Pino Maniaci – vorrei che questa storia fosse chiara, io non ho smesso ne smetterò di fare il giornalista”.

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