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Stato-Mafia, la Cassazione deposita le motivazioni sulle assoluzioni di Dell’Utri e gli ex Ros

Indizi privi di certezza. È questo il nodo centrale sottolineato nelle motivazioni della sentenza della Cassazione sul processo per la presunta trattativa tra Stato e Mafia, che ha confermato l’assoluzione degli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni, e Giuseppe De Donno e dell’ex senatore Marcello Dell’Utri.
A cura di Annalisa Girardi
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La facciata della Corte di Cassazione di Roma
La facciata della Corte di Cassazione di Roma

La Cassazione ha pubblicato le motivazioni della sentenza che mette un punto al processo per la presunta trattativa tra Stato e Mafia, confermando così l'assoluzione degli ex ufficiali del Ros Mario MoriAntonio Subranni, e Giuseppe De Donno e dell'ex senatore Marcello Dell'Utri. Secondo gli "ermellini" gli indizi a loro carico erano privi di certazza: "La Corte di assise di appello ha invertito i poli del ragionamento indiziario perché l’esclusione di possibili ipotesi alternative non può supplire alla carenza di certezza dell’indizio e non ha osservato il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio quale metodo di accertamento del fatto", si legge nel verdetto 45506 della Cassazione.

E ancora: "Come rilevato dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione e dalle difese degli imputati, tuttavia, l'argomento del ‘nessun altro avrebbe potuto' si rivela fallace sul piano logico e giuridicamente errato, in quanto la confutazione delle spiegazioni alternative di un fatto non può supplire alla radicale mancanza di prova positiva del fatto medesimo". Il riferimento è alla convinzione dei giudici di merito dell'appello, secondo cui il Guardasigilli Giovanni Conso non rinnovò il 41bis ai mafiosi per cercare di fermare le stragi. Conso, invece, sosteneva di averlo fatto per adeguarsi alle indicazioni della Consulta.

Ad ogni modo, secondo i giudici della Cassazione quelli dell'appello hanno sbagliato a pensare "che solo Mori potesse aver rivelato l'informazione relativa al ricatto mafioso e alla spaccatura in essere all'interno di Cosa Nostra, senza aver previamente dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che questa informazione riservata non fosse previamente nota al Ministro, che costituisse patrimonio conoscitivo esclusivo" di Mori "e che non fosse pervenuta a conoscenza del Ministro per effetto di canali diversi ed autonomi". Le difese degli imputati avrebbero infatti già fatto presente che "per quanto emerso nel giudizio di primo grado, la consapevolezza della spaccatura interna a Cosa Nostra, tra l'ala stragista e l'ala moderata non sarebbe stata esclusiva di Mario Mori, ma fosse una conoscenza acquisita per lo meno in qualificati ambienti investigativi".

La Cassazione ha quindi puntualizzato: "Fermo restando il riconoscimento per l'impegno profuso nell'attività istruttoria dai giudici di merito, deve, tuttavia, rilevarsi che la sentenza emessa dalla Corte di Assise di Appello di Palermo il 23 settembre 2021 e ancor più marcatamente quella di primo grado, hanno, invero, optato per un modello di ricostruzione del fatto penalmente rilevante condotto secondo un approccio metodologico di stampo storiografico".

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