Economia

Borse in netto ribasso con i timori di Wall Street. Spread ancora sopra i 300 punti

(afp)
Wall Street raddoppia il tonfo di ieri il cui effetto si era propagato a Tokyo, in Cina e in Europa. Milano perde l'1,8%. La crescita dell'inflazione americana è risultata sotto le attese, togliendo pressione alla Fed sul rialzo dei tassi. Lagarde all'Italia: "Rispetti le regole Ue". Asta Btp, rendimenti sui tre anni ai massimi dal 2013
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MILANO - L'onda lunga delle vendite che ha travolto Wall Street nella serata di ieri si è propagata sui listini orientali e si è affacciata anche sull'Europa. Milano chiude le contrattazioni in ribasso dell'1,84%, Londra cede l'1,94% finale, Parigi l'1,92% e Francoforte l'1,48%. Svanisce quindi il beneficio temporaneo dato dai dati sull'inflazione Usa inferiori alle aspettative, che tolgono pressione alla Fed nel percorso di rialzo dei tassi. Wall Street ha trattato per tutta la seduta in terreno negativo ed ha chiuso con un nuovo tonfo: il Dow Jones ha ceduto il 2,13% a 25.049,65 punti, il Nasdaq ha perso l'1,25% a 7.329,06 punti mentre lo S&P 500 ha lasciato sul terreno il 2,06% a 2.728,35 punti. In Asia si erano registrate perdite superiori al 3 per cento un po' ovunque con l'indice Msci Asia Pacific, che sintetizza l'andamento dell'area, alla peggior performance dal giugno 2016: era il giorno di Brexit.

In Italia, lo spread tra Btp e Bund tedeschi si è nuovamente in allargamento a 305 punti base e il rendimento dei decennali italiani ha raggiunto il 3,58% (top dal febbraio 2014), mentre il governo lavora a una Manovra che nasce sotto i dubbi delle Autorità economico-finanziarie. Secondo alcuni osservatori i nostri titoli in questo momento restano un buon affare. "L'impennata dello spread italiano rappresenta un'opportunità di investimento", ha spiegato Nick Gartside, capo della divisione reddito fisso e commodities Jp Morgan AM in una intervista al Sole 24 Ore ricordando i "buoni fondamentali" del Paese: "Ad oggi crediamo che l'incertezza politica sia adeguatamente remunerata: per questo alcuni dei nostri fondi stanno aumentando l'esposizione in BTp".

Mentre l'esecutivo cerca di mettere insieme le risorse per la prossima Manovra economica, alla legge di Bilancio ha nuovamente fatto riferimento il Fmi, per bocca della direttrice Christine Lagarde: "Sosteniamo il proseguimento di politiche fiscali che siano d'aiuto alla crescita del paese e poi consideriamo il fatto che l'Italia è un paese membro della Ue e i membri della Ue devono rispettare le regole sulle quali si sono impegnate".
Dopo il raddoppio dei rendimenti nell'asta Bot di ieri, oggi il Tesoro è tornato sul mercato e ha visto nuovamente rincarare il costo del suo indebitamento. Il rendimento del nuovo Btp a tre anni, piazzato in asta per 3,5 miliardi di euro, è volato al 2,51%, massimo dal settembre 2013. Nell'ultima asta sulla stessa scadenza il rendimento era stato dell'1,2%. Se si torna ad aprile, prima del caos politico, il Tesoro spuntava lo 0,05% sul tre anni: a quelle condizioni, oggi avremmo risparmiato 86 milioni di interessi annui. Altri titoli sono andati sul mercato per un totale di 6,5 miliardi: gli 1,5 miliardi a sette anni sono stati assegnati al 3,28% (74 punti base in più sull'ultima asta, record dalla prima emissione), i 941,7 milioni di 15 anni al 3,66% e i 558 milioni al 3,79%.

Tornando ai listini globali, a far scattare gli ordini di vendita è stato il tracollo degli indici americani, che ieri sera ha vissuto una chiusura da incubo. Un vero e proprio "sell-off" (vendita improvvisa e fortissima) dei titoli tech, insieme ai rinnovati timori per un aumento dei rendimenti dei Treasury e di un rischio di guerra commerciale con la Cina, ha portato il Dow Jones (-3,15%) e lo S&P500 (-3,29%) a chiudere la giornata peggiore dall'8 febbraio scorso, quando i due indici entrarono in correzione (status definito da un calo di almeno il 10% dai record precedenti). E' andata ancora peggio al Nasdaq (-4,08%), che non vedeva un tale crollo dal giugno 2016, anche in questo caso quando si votò per l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue. Anche gli analisti di Barclays ci hanno messo del loro, anticipando che i gruppi internet deluderanno con i loro conti trimestrali. Titoli come Facebook, Twitter e Netflix hanno perso il 20% dai loro record. I prezzi dei Treasury - che recentemente si sono mossi al ribasso di pari passo con l'azionario - hanno virato al rialzo di fronte all'accentuarsi dell'avversione al rischio. E il celebre indice Vix (quello "della paura" che misura la volatilità attesa sui mercati) è volato di quasi il 44% sfiorando i 23 punti. Per la Casa bianca di Donald Trump, i cali di ieri sono forse "salutari" e il mercato azionario continuarà a salire in futuro. Trump ha accusato direttamente la politica monetaria della Fed ("pazza" secondo il tycoon), che ha recentemente operato il terzo rialzo dei tassi di quest'anno. Oggi ha reiterato le accuse ("non licenzierò Powell, ma la Fed è fuori controllo"), ma secondo il capo economista di Allianz, Mohamed el-Erian, non ci sono motivi perché il governatore non continui sulla strada intrapresa, visti i forti investimenti aziendali, l'aumento dei redditi delle famiglie e una politica fiscale accomodante.

Come accennato, oggi l'andamento dell'inflazione Usa inferiore alle attese ha tolto un po' di pressione: l'aumento dei prezzi americani è stato dello 0,1% su base mensile, quando gli analisti puntavano su uno 0,2%. Su base annua il progresso è stato invece del 2,3%, rispetto al 2,7% del mese precedente e sui livelli più bassi da febbraio. Se si fosse registrata una fiammata dei prezzi, sarebbe stata una spinta ulteriore alla Fed per accelerare il rialzo dei tassi.

Oltre al tonfo dei tecnologici del Nasdaq, a favorire le vendite sono i timori per l'impatto della guerra commerciale Usa-Cina sui risultati delle aziende e la presa di coscienza dei mercati che è ormai terminata l'epoca delle politiche monetarie espansive. Il mix di fattori si è propagato a Oriente e il risultato è stato il calo del 3,89% registrato dalla Borsa di Tokyo e gli scivoloni di Hong Kong (-3,79%) e ancor di più dei listini cinesi Shanghai e Shenzhen: hanno perso rispettivamente il 5,22 e il 6,07%, scendendo ai minimi dal novembre del 2014.

Contrastate le posizioni degli operatori su questa improvvisa correzione dei listini. "E' solo l'inizio", ha detto Banny Lam, a capo della ricerca di CEB International Investment Corp., a Bloomberg. "La bolla tecnologica americana ci piuò mettere un po' a scoppiare, ma stiamo affrontando numerose incertezze a livello globale, dalla guerra commerciale ai rischi crescenti sulle valute dei mercati emergenti, fino al prezzo del petrolio. Bisognerebbe anche tenere d'occhio come si muove lo yuan", ha rimarcato all'agenzia finanziaria. Paras Anand di Fidelity non ha mostrato sorpresa: "Gli investitori si domandavano come mai a fronte di un restringimento della politica monetaria, con un mercato del lavoro in restringimento e prezzi del petrolio in aumento gli Usa fossero rimasti così resilienti" a possibili cambi di direzione. Per Nader Naeimi di AMP Capital Investors "le cose dovranno peggiorare prima di volgere al meglio", ma Lam rassicura che "non abbiamo ancora aperto uno scenario di crisi. In fondo, i fondamentali delle società non sono così brutti, i dati macroeconomici potranno rallentare ma il quadro è ancora lontano da una crisi senza speranze".

Sul fronte dei cambi, il dollaro ha pagato la tensione di queste ore e l'euro è scambiato a 1,1554 biglietti verdi (1,155 in apertura e 1,1528 alla chiusura di ieri), e vale 129,635 yen, mentre il rapporto dollaro/yen è a 112,198. La Germania ha intanto abbasassato considerevolmente le sue previsioni di crescita principalmente a causa del "contesto internazionale meno favorevole". La crescita del prodotto interno lordo per quest'anno è attesa all'1,8% dal precedente 2,3%, ha fatto sapere il ministro dell'economia tedesco che taglia la stima anche per il prossimo anno passando dal 2,1% all'1,8 per cento. Di nuovo negli Usa, oltre all'inflazione si è registrato il dato deludente della crescita di 7mila unità delle richieste di sussidi per la disoccupazione.

Il petrolio a novembre al Nymex scivola del 2% a 71,81 dollari dopo l'aumento più ampio delle stime delle scorte settimanali Usa.