Ma evidentemente, l’educazione e la riservatezza non hanno impedito gli affari delle ‘ndrine calabresi nel cuore dell’Emilia. Di infiltrazione mafiosa parla la relazione finita sul tavolo del Consiglio dei Ministri ed è infiltrazione anche quella scoperta dai magistrati della DDA di Bologna. Brescello compare spessissimo nella maxi inchiesta Aemilia, quella che l’anno scorso ha portato all’arresto di 117 persone, e che ora ne vede imputate 147, tra cui Nicolino Grande Aracri, fratello di Francesco. Gli investigatori hanno scoperto che in Emilia la 'ndrangheta non solo esiste ma è radicata. Da quando? Dal 1983, quando Antonio Dragone, capo mafia calabrese della provincia di Crotone si trasferì in Emilia come sorvegliato speciale. Sono passati 32 anni, il tempo di allevare un'intera generazione e di trasferire dalla Calabria gli affari legati alla logistica e al cemento. E con loro, famiglie e relazioni che sono diventati parte integrante del panorama. Per chi avesse ancora dubbi, in paese c’è persino un quartiere soprannominato Cutrello.
Un anno dopo l’inchiesta antimafia, il 30 gennaio 2016, la giunta di centro sinistra di Brescello aveva gettato la spugna sperando che in paese tornasse un po’ di serenità e si spegnessero i riflettori e i microfoni che in piazza insistono a chiedere conto ai brescellesi della presenza della ‘ndrangheta. Hanno risposto i prefetti che a Palazzo Chigi hanno proposto lo scioglimento del comune per mafia.
Eppure, c’era stato un momento in cui sembrava si potesse tornare a respirare il clima anni 50 del Mondo piccolo di Giovannino Guareschi. Quando l’anno scorso, in un'indagine del Sole 24 Brescello appariva come uno dei paesi più felici dell'Emilia Romagna, il quarto per la precisione. Ora, Brescello, ha un nuovo primato.
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