Da una parte promuove la parte sul finanziamento ai partiti e alle fondazioni. Dall’altra avverte: la norma che crea i cosiddetti “pentiti delle mazzette” può creare sotto mentite spoglie l’agente provocatore. Audito dalla commissione Affari Costituzionali alla Camera, Raffaele Cantone si è espresso anche sul ddl Anticorruzione che proprio la settimana scorsa ha cominciato il suo iter a Montecitorio. Il presidente dell’Anac ha promosso la parte della riforma che riguarda il denaro elargito alla politica. “È la parte migliore e più coraggiosa” del provvedimento, “mettendo mano ad un vero e proprio buco del sistema“, dice Cantone, secondo il quale la norma non è un “tentativo di criminalizzare la politica” ma, “al contrario, un tentativo di rendere trasparente la politica”.

Servono però, aggiunge il numero uno dell’Anticorruzione, più poteri per la Commissione cui spetta l’erogazione delle sanzioni amministrative. “Questa norma ha bisogno di un rinforzo dei poteri ispettivi della Commissione – sottolinea – Andrebbero dati poteri di accertamento, mezzi e condizioni che consentano davvero di accertare l’illecito amministrativo“. Ed inoltre, sempre secondo Cantone, sarebbe necessario un altro passaggio: “Prevedere un meccanismo di pubblicità della sanzione”, magari sullo stesso sito del partito, della fondazione o anche della Camera. “Un meccanismo di trasparenza della sanzione vale a dire qualcosa per far sapere che quel finanziamento è stato ottenuto in maniera illecita”, spiega l’ex magistrato anti camorra. Che sul tema auspica una normativa generale: “Sarebbe utile mettere mano a tutto il sistema delle fondazioni, non solo a quelle legate a partiti politici”.

Da attenzionare, invece, la parte del ddl che introduce la non punibilità per i “pentimentì entro sei mesi dalla commissione del fatto”. Si tratta della norma che crea praticamente i cosiddetti “pentiti delle mazzette” con la creazione di un nuovo articolo del codice penale, il 323 bis.  “Rischia di far tornare sotto mentite spoglie la figura dell’agente provocatore“, è l’opinione di Cantone, visto che quella prodotta otrebbe rivelarsi una “prova diabolica che non esclude l’abuso”. “So bene e devo dare atto al legislatore che si è posto il problema e dal punto di vista tecnico la norma è scritta bene – ha aggiunto il presidente dell’Anac – Ma l’agente non deve essere mai un istigatore, un determinatore, colui che determina il reato”. In pratica secondo il numero uno dell’Authority il fatto che non siano puniti i corrotti e corruttori che collaborano con la magistratura di loro spontanea volontà entro sei mesi dalla dazione o ricezione della tangente potrebbe essere “una vera e propria trappola”. “Mi chiedo – dice Cantone – se l’utilizzo assolutamente ridotto di questa possibilità giustifichi la norma. I rischi sono tali che una riflessione sulla sua opportunità va fatta”. Cantone si poi espresso negativamente sulla norma che estende l’interdizione dai pubblici uffici anche agli anni successivi alla riabilitazione: “Se un soggetto è riabilitato, mantenere le pene accessorie non mi sembra corretto: ne ho anche parlato con il ministro della Giustizia, Bonafede. Credo che la norma ponga anche problemi di costituzionalità”

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