Nel pieno della bufera dopo le dimissioni di due ministri – Davis (Brexit) e Johnson (Esteri) – in piena polemica con il suo approccio all’uscita dall Ue la premier Theresa May parla del piano elaborato dal suo governo la settimana scorsa e che ha portato al passo indietro dei suoi colleghi ministri. E rispondendo alle accuse di debolezza in un post su Facebook in cui risponde a tre domande sul piano stesso: “Significa la fine della libertà di movimento? Potremo siglare i nostri propri accordi commerciali? E il Regno unito sarà al di fuori della giurisdizione della Corte europea? Sono lieta di dire che le risposte sono molto semplici: sì, sì e sì“.

May vuole così ribadire le rassicurazioni fatte negli ultimi giorni di fronte alle contestazioni interne dei falchi euroscettici e ribadite ancora ieri a Bruxelles. “Non sarà più permesso alle persone di arrivare dall’Europa nella remota possibilità che possano trovare un lavoro. Accoglieremo sempre – aggiunge – i professionisti qualificati che aiutano la nostra economia a prosperare, dai dottori alle infermiere, agli ingegneri e agli imprenditori ma, per la prima volta da decenni, avremo il pieno controllo dei nostri confini”. May ancora lunedì davanti ai deputati aveva ripetuto di essere convinta che la sua linea offra comunque “il miglior risultato” possibile: includendo “la fine della libertà di circolazione” delle persone e della giurisdizione della Corte di Giustizia Ue, nonché la possibilità per il Regno di siglare accordi commerciali autonomi con Paesi terzi.

E oggi sul Libro bianco arriva l’ok del nuovo ministro alla Brexit, Dominic Raab: “Una proposta credibile, audace, ambiziosa, ma anche pragmatica”. L’obiettivo è “una relazione su misura” con Bruxelles, spiega Raab alla Bbc, ribadendo in particolare la prospettiva di un’area di libero scambio per i prodotti industriali e agricoli.

Vari deputati conservatori potrebbero opporsi però al suo piano, introducendo emendamenti a un progetto di legge sul commercio che sarà discusso la settimana prossima alla Camera dei comuni. Resta un interrogativo l’accoglienza che la proposta riceverà a Bruxelles. I leader europei hanno avvertito a varie riprese Londra dell’impossibilità di limitare il libero scambio alle merci, senza includere persone o servizi. May ha tastato intanto il terreno con il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, e con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, con cui ha parlato negli ultimi giorni.  Il Regno Unito ha poco tempo per difendere il suo piano: i negoziatori devono raggiungere un accordo entro ottobre, per consentire ai Parlamenti nazionali europei di ratificarlo prima del 29 marzo 2019, data dell’uscita dall’Ue. In caso di fallimento dei negoziati, un’uscita dal blocco comunitario senza accordi esporrà entrambe le parti a scossoni significativi, soprattutto sugli scambi commerciali.

Nei giorni scorsi il negoziatore Ue per la Brexit Michel Barnier aveva detto di essere “pronto ad adattare la nostra offerta se la Gran Bretagna dovesse cambiare le sue ‘linee rosse”, perché “l’obiettivo è sempre stato un accordo con, e non contro” Londra. Barnier aveva anche invitato a “sdrammatizzare” il nodo della frontiera irlandese, “in fondo si tratta di controlli tecnici sulle merci, niente di più, niente di meno”. Il capo negoziatore Ue aveva però avvertito che Bruxelles non si muoverà dalle sue linee rosse sul mercato interno, che “non deve né dovrà mai essere visto come un grande supermercato“.

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