19 febbraio 2018 - 10:23

Creato in Usa embrione ibrido pecora-uomo

È il secondo dopo un maiale-uomo. Secondo alcuni scienziati potrebbe essere un passo verso organi umani in animali

di Redazione online

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Per la prima volta è stato creato in laboratorio un embrione ibrido uomo-pecora, in cui una cellula su 10 mila è umana. Un anno fa circa era stato realizzato un embrione di uomo e maiale dallo stesso gruppo di ricerca, dove le cellule umane erano una su 100 mila. L’annuncio arriva dagli scienziati dell’università della California a Davis al meeting della American Association for the Advancement of Science di Austin, in Texas. Gli embrioni sono stati distrutti dopo 28 giorni, tuttavia l’ibrido, hanno spiegano i ricercatori, rappresenta un passo verso la possibilità di far crescere organi umani negli animali.

L’idea di fondo

L’annuncio è stato dato durante una sessione dedicata alla produzione di organi xenogenici per i trapianti d’organo nel corso dell’annuale meeting AAAs in corso ad Austin, in Texas. Uno dei problemi principali per gli xenotrapianti, cioè il trapianto di organi animali negli uomini, è il rigetto, mentre l’altro è la possibile infezione con virus animali. Gli scienziati stanno tentando di combinare embrioni di animali nelle loromprime fasi di sviluppo , con cellule di pazienti umani in attesa di trapianto, in modo da far sviluppare agli animali organi “umani” che supererebbero il problema del rigetto. Inoltre le nuove tecniche di editing del Dna , come per esempio la Crispr/Cas9, potrebbero in teoria aiutare a modificare specifici geni disattivando la loro capacità di «codificare» per infezioni da retrovirus potenzialmente pericolosi per l’uomo. Perché un trapianto possa funzionare gli esperti ritengono che la percentuale di cellule umane in una chimera debba essere almeno dell’uno per cento, quindi siamo comunque ancora molto lontani da questo traguardo.

Il metodo

L’ibrido è stato ottenuto introducendo cellule staminali adulte riprogrammate nell’embrione di pecora, che poi è stato lasciato crescere per i 28 giorni che rappresentavano il limite massimo per cui l’esperimento aveva ottenuto l’autorizzazione, di cui 21 nell’utero di un animale. In questo lasso di tempo le cellule umane si sono riprodotte. «Anche se c’è molto da lavorare — ha dichiarato Pablo Ross, uno degli autori della ricerca — gli organi prodotti in queste chimere interspecie potrebbero un giorno costituire un modo per soddisfare la domanda di organi, trapiantando ad esempio un pancreas ibridizzato in un paziente». «L’uso delle pecore — ha spiegato ancora il ricercatore al quotidiano britannico Guardian— ha molti vantaggi rispetto al maiale, a partire dal fatto che bastano quattro embrioni e non cinquanta per far iniziare una gravidanza. Anche questo animale inoltre ha organi di dimensioni simili a quelli umani».

Problemi etici e prospettive

Ovviamente questo tipo di ricerca. pone notevoli problemi etici, peraltro ammessi e condivisi dagli stessi scienziati che hanno condotto l’esperimento . Non caso Pablo Ross, uno dei ricercatori dell’Università di California a Davis autore dello studio ha dichiarato: «Se scoprissimo che le cellule umana vanno nel cervello dell’animale non potremmo portare avanti il tentativo. Siamo consapevoli delle implicazioni etiche di questo tipo di esperimenti, ma del resto pensiamo possano offrire speranze, in prospettiva, per chi deve essere sottoposo a trapianto d’organo». «La mia considerazione, al di là dei problemi etici che derivano dall’aver creato un oggetto che è così contro natura, è che non vedo l’utilità di questi esperimenti — sottolinea il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma —. Se l’idea è usare questo metodo in funzione dei trapianti, se si ha una cellula umana insieme a una animale non si risolve il problema del rigetto. I ricercatori sostengono che attraverso le tecniche di gene editing, tra cui il Crispr, riusciranno a rimuovere anche questo problema togliendo i geni, ma io ho forti perplessità». «La tecnica Crispr», ricorda Dallapiccola, è ancora nelle prime fasi di sviluppo, e non dà garanzie. Ne parlano tutti, e nonostante i miglioramenti continui, alcuni anche grazie alla ricerca italiana, ancora ci sono molti problemi da risolvere, il primo dei quali è che la tecnica corregge il Dna da una parte, ma può produrre errori da un’altra. È tutto molto lontano dal trasferimento al paziente». «Il Comitato Nazionale di Bioetica— sottolinea l’esperto — si è già occupato della questione delle chimere qualche anno fa. «Il nostro parere è stato molto critico e le perplessità rimangono, almeno finché questo studio non verrà pubblicato su una rivista scientifica e potremo vederlo nel dettaglio, mentre ora è limitato ad una presentazione a un congresso».

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