Milano, 9 febbraio 2016 - 07:15

Notte di scontri a Hong Kong:
la rivolta dei venditori di polpette

I disordini per il tentativo di ripulire il quartiere di Mong Kok da venditori di strada
Una cinquantina di arresti, cento feriti tra i quali 4 giornalisti. «Picchiati dagli agenti»

di Guido Santevecchi, corrispondente da Pechino

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PECHINO Doveva essere un’operazione per sloggiare i venditori di strada senza licenza da Mong Kok, un quartiere popolare di Hong Kong. L’azione della polizia si è trasformata in una lunga notte di guerriglia urbana, in sei ore di fuoco che hanno provocato oltre cento feriti, una cinquantina di arresti e hanno riaperto la crisi politica dell’ex colonia britannica restituita alla Cina nel 1997.

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Hong Kong

La pistola

Tutto è cominciato intorno alle 10 di sera di lunedì, tra Portland Street e Argyle Street, due strade di Mong Kok dove in questi giorni di festa per il Capodanno lunare cinese molti venditori ambulanti senza licenza piazzano i loro banchetti. Offrono soprattutto cibo cotto sul posto, una delle specialità sono le palline di pesce. Questa volta alla polizia era stato ordinato di sgomberarli. Ma quando gli agenti sono arrivati hanno trovato anche decine di attivisti «localisti» dei movimenti «Hong Kong Indigenous» e «Youngspiration», che invocano maggiore autonomia da Pechino. Ambulanti e giovani con caschi e maschere hanno fatto fronte comune e hanno attaccato i poliziotti con lancio di mattoni e bottiglie, incendiando i cassonetti della spazzatura, versando benzina sulla strada e tracciando linee di fiamme. Sono seguite cariche degli agenti, lancio di spray urticanti, manganellate. Decine di feriti da una parte e dall’altra. E a un certo punto un poliziotto ha estratto la pistola, l’ha tenuta per un attimo drammatico puntata sulla folla e poi l’ha alzata, sparando un paio di colpi in aria. L’immagine è stata ripresa e rilanciata in televisione. L’uso delle armi da parte della polizia è assolutamente inaudito per Hong Kong.

#FishballRevolution

Su Twitter è stato lanciato l’hashtag #FishballRevolution, che si riferisce alle palline di pesce dei venditori di strada, ma vorrebbe ricordare quello #UmbrellaRevolution dei mesi della protesta democratica del 2014, il cui simbolo erano gli ombrelli gialli usati da decine di migliaia di studenti per proteggersi degli spray della polizia. I «localisti» vogliono difendere la cultura di Hong Kong dall’assimilazione forzata al sistema politico della Repubblica popolare cinese, vogliono reagire all’aggressione di Pechino alla loro libertà. L’ultimo segnale grave di repressione è stato il caso dei «cinque librai» di una casa editrice che pubblicava libri di pettegolezzi contro i leader di Pechino e sono scomparsi: rapiti da agenti del governo comunista cinese.

Sfiducia e rancore

Il fatto è che dopo la rivolta largamente pacifica del 2014, quando i ragazzi chiedevano elezioni libere, tra parte del movimento democratico (e anticinese) e la polizia si è aperto un solco di sfiducia e rancore. Julia Fung, una giovane che ha assistito agli scontri dell’altra notte, ha detto alla stampa di Hong Kong di aver visto una ragazzina sbattuta a terra dai poliziotti e picchiata: «Potevi sentire la rabbia degli agenti uscire dai loro sguardi». Steven Lo Wai-Chung, police commissioner della city, racconta in inglese una storia del tutto diversa: «Se chi ha causato i disordini si vuole definire «popolo di Hong Kong» deve amare Hong Kong e rispettare lo stato di diritto che ci siamo conquistati in questo territorio, ieri notte ci siamo trovati di fronte estremisti organizzati che si erano portati armi improprie», ha detto. E in tv è apparso sotto choc per gli avvenimenti.

Gas lacrimogeni

Michael Chugani, giornalista americano del South China Morning Postdi Hong Kong ha scritto: «Quello che è successo è del tutto diverso dall’uso di gas lacrimogeni da parte della polizia durante le proteste del 2014. Questa volta dei pazzi violenti hanno preso a bastonate un poliziotto già sanguinante e lo avrebbero potuto uccidere se un altro agente non avesse sparato in aria. La polizia in qualunque altra parte del mondo avrebbe fatto molto di più». Ricordando (per averlo visto in quei giorni d’autunno del 2014) che nelle 11 settimane di occupazione del centro i ragazzi avevano organizzato un servizio di pulizia delle strade per non rovinare la loro città, le immagini di roghi che ora scorrono in televisione fanno capire quanto si sia radicalizzato lo scontro a Hong Kong. C’è molto di più della tradizione dei venditori di cibo di strada nei disordini. E ieri notte sui social media di Hong Kong circolavano appelli a «mangiare ancora palline di pesce». Vale a dire tornare in strada a sfidare la polizia.

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