13 gennaio 2018 - 12:33

Renzi apre la campagna elettorale al Lingotto, cita Obama e sfida i 5 Stelle

Il segretario del Pd parla all’assemblea degli amministratori locali: «La vera sfida non è tra noi e il centrodestra ma è con i pentastellati, la loro incompetenza è la nostra sfida»

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Matteo Renzi ha aperto oggi, sabato 13 gennaio, la campagna elettorale al Lingotto di Torino. Il segretario del Pd si è rivolto alla platea degli amministratori locali dem: «Il ruolo dei sindaci in questa campagna elettorale è cruciale. Non voglio gasarvi, ma secondo alcuni studi stanno venendo meno i tradizionali strumenti di fiducia. Il sapere orizzontale che mette in discussione tutto porta a non credere più a niente».

La citazione dell’ex presidente Usa

Renzi ha voluto citare l’ex presidente americano: «Oggi il problema, ha detto Barack Obama, è che i cittadini non si fidano più o si fidano più degli amici di Facebook che dei soggetti istituzionali. E questo chiama tutti voi, sindaci e consiglieri, a una responsabilità. Voi amministratori siete in prima linea non solo perché, legittimamente, qualcuno di voi spera di essere candidato, ma perché nella capacità di radicamento del Pd abbiamo un’arma straordinaria. Se mi sento parte di una squadra ed esco a raccontare le cose di persona, le cose cambiano. Non si può lasciare tutto alla televisione».

Il Movimento 5 Stelle e la citazione di Benedetto Croce

Dal Lingotto il segretario dem attacca il Movimento 5 Stelle, citando gli esempi di quanto fatto dai pentastellati a Roma e Torino: «Non puoi gridare onestà e alla prova dei fatti dimostrarti incapace di risolvere i problemi. Benedetto Croce diceva che il governo onesto è quello capace. E allora l’incompetenza è il nostro avversario alle elezioni politiche 2018. Ci sono 50 giorni per andare a vincere e voglio che il Pd si metta in campo senza paura». Per mesi e mesi — ha aggiunto Renzi — si è parlato del buon governo dei Cinque Stelle a Torino, ma per prima cosa hanno tagliato sulla cultura. Noi non vogliamo fare polemica ma mostrare una diversità. Noi siamo gli amministratori che non falsificano i bilanci, non mettono cinque milioni in più a penna. E nella nostra città i revisori dei conti non si dimettono. Non possiamo stare sempre sulla difensiva facendo raccontare che sprechiamo i soldi pubblici, perché non è così. Se con me si fossero dimessi i revisori dei conti, ci avrebbero portato via».

La «vera sfida»

Nonostante gli ultimi sondaggi vedono i pentastellati avanti e il Pd in calo, Renzi assicura — lanciando un appello ai moderati — che la «vera sfida non è tra noi e il centrodestra, ma è tra noi e i 5 Stelle. Lo dico ai moderati che hanno paura dei 5 Stelle, l’alternativa non è il centrodestra, ma il Pd. Perché o arriviamo prima noi o arrivano prima i 5 Stelle». Se guardate i giornali — ha detto il segretario dem — «gli editorialisti hanno già votato e i titolisti già deciso. Hanno letto i sondaggi e detto che ha vinto il centrodestra: si sono dimenticati di leggere la legge elettorale che per due terzi premia non le coalizioni ma il primo partito. La sfida per il primo posto alle elezioni non è tra Berlusconi e Salvini ma tra Pd e M5s. Lo dico ai moderati: l’alternativa al Pd non è il centrodestra ma il M5s». Con Luigi Di Maio e i pentastellati — ammette Renzi — sarà «una sfida difficilissima, che non voglio sottovalutare. Ci sono 50 giorni per capire se vogliamo fare sul serio o no». I sondaggi? «I leader i sondaggi non li inseguono ma li cambiano. Guardate Bersani, Prodi, Veltroni, Rutelli. Nei 50 giorni prima delle elezioni dicevano cose totalmente diverse. Nel 2013 eravamo a +11, non è stata una campagna riuscitissima...».

Il centrodestra «alleanza dello spread»

Non è mancato l’attacco al centrodestra, che «si presenta come un’alleanza solida ma è l’alleanza dello spread. Sono stati loro il governo dello spread, noi siamo dovuti intervenire per far ripartire Paese».Secondo Renzi «il centrodestra torna a mettere insieme il modello Arcore 20 anni dopo: là dove c’era Bossi in canottiera, c’è Salvini con la felpa...sono gli effetti del riscaldamento globale; là dove c’era Fini c’è la Meloni; là dove c’era Berlusconi c’è Berlusconi. Qualche capello in più ma è sempre lui».

Il compito del Pd e il «gioco di squadra»

Tra i punti fondamentali su cui insistere in vista del voto del 4 marzo, Renzi è certo che il Pd dovrà essere «in questa campagna elettorale il partito del lavoro, lavoro, lavoro. E non dei sussidi. La proposta del reddito di cittadinanza penso che non sia giusta. Perché non è giusto che un Paese possa vivere di sussidi e non facendo nulla si ricevano 1.600 euro. Il tema della distruzione dell’idea del lavoro, nella logica della decrescita felice, è pericolosissima. E non è neanche un’idea nuova». Per quanto riguarda la leadership, l’ex premier torna a dire che «è una partita di squadra. Ecco perché non è importante qual è il nome che va a Palazzo Chigi ma che sia del Pd. E non per il Pd, ma per l’Italia».

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