Milano, 30 agosto 2017 - 21:08

Giovani, spunta la pensione base di 660 euro per il regime contributivo

Più facile il ritiro per chi matura almeno 537 euro. Camusso: sulle aspettative di vita esecutivo reticente. Rendita integrativa (Rita) a 63 anni anche senza lasciare il lavoro

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, al tavolo con i leader sindacali Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, al tavolo con i leader sindacali
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Prime aperture del governo sulle pensioni dei giovani. Coloro che hanno cominciato a lavorare dopo il 1995 e quindi ricadono interamente nel sistema contributivo potranno accedere alla pensione normale (oggi 66 anni e 7 mesi, che saliranno in base alla speranza di vita) se oltre ad avere 20 anni di contributi avranno maturato un importo della pensione pari ad almeno 1,2 volte l’assegno sociale (cioè circa 537 euro di oggi) mentre le regole della riforma Fornero fissano la soglia a 1,5 volte. Questo significa che un numero maggiore di persone con carriere lavorative povere potranno accedere alla pensione normale, senza dover aspettare altri quattro anni (oggi la soglia è fissata a 70 anni e 7 mesi, ma salirà anche questa) per prendere la pensione posticipata che spetta, con un minimo di 5 anni di contributi, a coloro appunto che non maturano l’importo minimo per la pensione normale. Inoltre, coloro che non hanno altri redditi, potranno cumulare questa pensione più facilmente con parte dell’assegno sociale perché la pensione conterà non più per due terzi ai fini dei requisiti di reddito per accedere all’assegno stesso ma il 50%. Secondo i calcoli del governo, i 537 euro della pensione potranno così salire intorno ai 660 euro al mese.

Sindacati insoddisfatti

Questa novità è emersa ieri nell’incontro tra il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. I sindacati avrebbero voluto di più: una vera e propria integrazione delle pensioni al minimo, come c’era nel sistema retributivo, cioè una pensione di garanzia per i giovani. Qui invece il beneficio (si va in pensione quattro anni prima e, se non si hanno altri redditi, si portano a casa 660 euro), rispetto alle regole attuali, riguarda solo quella fetta di lavoratori che maturerà un importo tra 1,2 e 1,5 volte l’assegno sociale. Per quelli che stanno sotto non cambia nulla: o chiedono l’assegno sociale (oggi a 65 anni e 7 mesi) se sono poveri o aspettano 4 anni e prendono quello che hanno maturato. Troppo poco per parlare di una pensione di garanzia generalizzata. In ogni caso, come ha sottolineato Poletti, le novità non scatteranno subito, riguardando chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995. I sindacati sono insoddisfatti anche perché,dice la leader della Cgil, Susanna Camusso, il governo è stato «reticente» sul blocco dell’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita.

Nella Rita anche il Tfr

Altre novità riguardano la Rita, rendita integrativa anticipata. Due gli interventi allo studio, che potrebbero entrare nella legge di Bilancio 2018. 1) Oggi per utilizzare la Rita per andare in pensione anticipata a 63 anni bisogna avere i requisiti per l’Ape volontaria e in più cessare il rapporto di lavoro. Dal 2018 potrebbero invece utilizzarla tutti i lavoratori che compiono 63 anni, anche senza dare le dimissioni. 2) Si vorrebbe consentire di integrare il montante della Rita con un’eventuale incentivo all’esodo e col Tfr liquidato alla cessazione del rapporto di lavoro. Far confluire queste risorse nel fondo pensione avrebbe il vantaggio di una tassazione agevolata (tra il 15 e il 9%). Il governo sarebbe intenzionato, ma deve trovare le coperture, anche ad alleggerire il prelievo fiscale sui fondi pensione dei dipendenti pubblici.

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