10 gennaio 2019 - 16:08

È morto Guido Quaranta, ribelle e graffiante ha raccontato il Parlamento

Aveva 92 anni, era stato ricoverato lunedì per un ictus. Piemontese, la vita lo portò a presidiare da cronista un’imbarcazione senza mare, il Transatlantico di Montecitorio

di Maurizio Caprara

Guido Quaranta Guido Quaranta
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Giornalista serio che non si prendeva mai troppo sul serio. Così era Guido Quaranta, il cui cuore ha finito di battere giovedì mattina dopo che un ictus lunedì lo aveva costretto a un ricovero d’urgenza. Per decenni la sua vitalità è stata brillante, a tratti scoppiettante. Benché fosse sintetico e asciutto nel modo di esprimersi e raccontare, era raro vedere Guido senza un sorriso sul suo viso contraddistinto da occhi scaltri, scanzonati, pronti ad assorbire dettagli e memorizzare episodi anche quando il Parlamento attraversava una giornata scialba e senza storia.

Voleva fare lo scrittore

Da ragazzo voleva fare lo scrittore, e il suo desiderio era diventare come Emilio Salgari. Provò a scrivere un romanzo che descriveva fatti immaginari nel Mar delle Antille, ma si bloccò. Dal Piemonte, regione nella quale era nato nel 1927 a San Francesco al Campo, la vita lo portò a presidiare da cronista un’imbarcazione senza mare, il Transatlantico di Montecitorio. Lavorò per Paese Sera, poi per Panorama. Fu firma di punta dell’Espresso, settimanale con cui ha continuato a collaborare fino a poco prima di morire. E’ sempre stato orgogliosamente irriverente. Mai ossequioso. Non era tenero neppure con la categoria alla quale apparteneva: «Di solito, quando scrivono, tendono alla prolissità e, più che dal grande pubblico, sono letti dai diretti interessati e dagli uffici stampa dei partiti», sostenne sui colleghi incaricati di seguire la politica.

«Scoop, querele e qualche schiaffo»

Meglio dunque affidare allo stesso Guido Quaranta un resoconto utile a capire chi era ricorrendo a parole che impiegò nel suo libro “Scoop, querele e qualche schiaffo” edito da Baldini & Castoldi: «Ho visto il boom economico, l’introduzione del divorzio, il compromesso storico, i digiuni dei radicali (...) Ho ricevuto diversi insulti e qualche querela, mi è capitato di essere arrestato per un increscioso caso di omonimia, passo per un presidente della Repubblica mancato (perché nel 1992 ricevette due voti in un’elezione del capo dello Stato, ndr) e sono stato pure preso a schiaffi nel Transatlantico di Montecitorio: ma li ho subito restituiti». Non era violento. Era ribelle, graffiante in senso buono. Ai giornalisti parlamentari mancherà. E ne sentiranno la mancanza anche quanti fino a poco fa sono stati suoi lettori.

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