Esteri

Uber, la Corte Suprema britannica ha deciso: gli autisti sono dipendenti

(ansa)
Secondo i giudici, i driver sono lavoratori a pieno titolo e quindi hanno diritto a ferie pagate, malattia e un salario minimo. La replica del gruppo: "Si applica solo a un gruppo di persone"
1 minuti di lettura
LONDRA. Gli autisti di Uber devo essere considerati dipendenti a tutti gli effetti. Così ha deciso stamattina la Corte Suprema di Londra, per quella che è una sentenza che potrebbe fare scuola, per lo meno in Regno Unito. Per il massimo tribunale del Paese, gli autisti del colosso californiano di "taxi low-cost" sono infatti lavoratori a pieno titolo e quindi hanno diritto a ferie pagate, malattia e un salario minimo. Tutte cose sinora non previste per i lavoratori di Uber in quanto si viene pagati a prestazione, come in molte altre branche della cosiddetta "gig economy", vedi i rider delle consegne a domicilio. 
 
"Respingiamo l'appello di Uber", ha dichiarato il giudice George Leggatt, "per la legge inglese è necessario fornire certe protezioni a individui vulnerabili che hanno poco o per nulla potere nelle trattative riguardo le loro condizioni di lavoro".
 
 
Si tratta di una rivoluzione per il modello Uber, che sinora non aveva mai riconosciuto tali diritti ma considerato il lavoro dei suoi autisti come semplici prestazioni occasionali. Ora saranno lavori parasubordinati. Il caso è nato da una denuncia di due autisti nel 2016, cui la giustizia britannica ha sempre dato ragione, a tutti i livelli, Corte Suprema inclusa oggi, nonostante i molti ricorsi di Uber. Oltre a essere una sentenza che cambierà decisamente il business del gigante californiano, avrà certamente un impatto anche dal punto di vista economico: il Regno Unito per Uber è uno dei principali mercati, con 60mila autisti, o meglio "impiegati" da oggi, e di questi 45mila a Londra.
 
Non solo. Uber è anche implicata in un'altra causa legale a Londra per ragioni di sicurezza dei clienti e mesi fa ha fatto appello contro un'altra sentenza sfavorevole nei suoi confronti che ne limitava fortemente la licenza sul suolo britannico, cosa che aveva fatto piacere a molti tassisti "ufficiali". Qualora anche questa decisione venisse confermata, il futuro di Uber in Regno Unito potrebbe dunque essere fortemente in bilico. 
 
Ambigua la risposta di Uber. Seconda la società della Silicon Valley la sentenza di oggi si applica soltanto a "un gruppo di autisti", in particolare quelli che utilizzavano la app dal 2016 sul cellulare, sebbene la decisione della Corte Suprema britannica sembri invece avere un'applicazione più ampia. In ogni caso, Uber ha annunciato che avvierà una "consultazione interna" con i propri guidatori in Regno Unito per "capire quali cambiamenti sono necessari".