Esteri

Vaticano-Cina, rinnovato l'accordo sulla nomina dei vescovi

Papa Francesco (afp)
“La Santa Sede ritiene che l'applicazione iniziale dell'Accordo - che è di grande valore ecclesiale e pastorale - sia stata positiva, grazie alla buona comunicazione e cooperazione tra le parti sulle questioni concordate", afferma il Vaticano. E ci tiene a sottolineare che la geopolitica, in questo caso, non c'entra nulla
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Fino all’ultimo gli Stati Uniti avevano sperato che Papa Francesco cambiasse idea. Invece, la Santa Sede ha rinnovato l’accordo sui vescovi che aveva stipulato con la Repubblica popolare cinese nel 2018 a poche ore dalla scadenza, prolungandolo provvisoriamente fino al 2022.

“La Santa Sede ritiene che l'applicazione iniziale dell'Accordo - che è di grande valore ecclesiale e pastorale - sia stata positiva, grazie alla buona comunicazione e cooperazione tra le parti sulle questioni concordate", ha affermato il Vaticano in un comunicato, aggiungendo che la Santa Sede "intende perseguire un dialogo aperto e costruttivo a beneficio della vita della Chiesa cattolica e del bene del popolo cinese".

L’Accordo va a risolvere un preciso contenzioso che per anni ha diviso Pechino e il Vaticano: quello sulle nomine dei vescovi. La Cina – dove il protestantesimo è in enorme ascesa, ma la Chiesa cattolica conta comunque 12 milioni di fedeli – promette di riconoscere formalmente l'autorità del Papa all'interno della Chiesa cattolica romana e il diritto del Pontefice di avere l’ultima parola sulla scelta dei vescovi nel Paese. In cambio, il Vaticano riconosce la legittimità dei vescovi precedentemente nominati dal governo cinese e scomunicati dalla Chiesa.

A settant’anni di distanza dalla rottura dei rapporti diplomatici tra Pechino e il Vaticano nel 1951, la scelta di Papa Francesco sembra dunque motivata dalla volontà di superare quella che già Benedetto XVI aveva descritto come “una pesante situazione di malintesi e di incomprensione che non giova né alle autorità cinesi né alla Chiesa cattolica in Cina”.
Il Vaticano sostiene da tempo che non si tratti di un gesto politico né diplomatico, ma soltanto genuinamente pastorale: già nel 2018 aveva ricordato che le divisioni all’interno della Chiesa cattolica in Cina si erano cristallizzate “soprattutto intorno alla figura del vescovo quale custode dell’autenticità della fede e garante della comunione ecclesiale”.

Eppure, in una situazione globale di crescente multilateralismo, l’Accordo viene interpretato con estrema preoccupazione da parte degli Stati Uniti, impegnati in un crescendo di tensioni con Pechino. Così, a settembre il segretario di Stato Usa Mike Pompeo si era impegnato in prima persona per cercare di frenare i negoziati con i cinesi, appellandosi alla posizione morale della Chiesa nell’invitarli a interrompere i colloqui. Vedendosi però negato un incontro con Bergoglio.

Le fasce più conservatrici della Chiesa, a cui Pence ha fatto appello, sostengono che l’Accordo cancelli la sofferenza di coloro che hanno passato anni a vivere la propria fede di nascosto, rifiutandosi di riconoscere i vescovi nominati dall’Associazione patriottica cattolica cinese.

Da parte propria, attraverso una nota sul proprio quotidiano, la Santa Sede ha voluto rimarcare ancora che, sebbene “da parte di alcuni settori della politica internazionale si sia cercato di analizzare l’operato della Santa Sede prevalentemente secondo un’ermeneutica geopolitica”, il Vaticano è convinto che questo tipo di dialogo favorisca “una più proficua ricerca del bene comune a vantaggio dell’intera comunità internazionale”.

E all’accusa di non interessarsi a sufficienza delle violazioni dei diritti umani in Cina, il Segretario per i rapporti con gli Stati del Vaticano Paul Gallagher risponde che “la Santa Sede ne è profondamente consapevole, ne tiene molto conto e non manca di attirare l'attenzione del governo cinese per favorire un esercizio più fruttuoso della libertà religiosa”. Anche il Segretario di Stato Pietro Paolin ha messo le mani avanti, dicendosi consapevole dell’esistenza di diversi problemi riguardanti la vita di tutti i giorni dei fedeli cinesi che non vengono toccati dall’Accordo.