Cronaca

Bimbo con due padri, la Consulta esclude la madre biologica in giudizio

Il 27 gennaio la Corte deciderà sul caso dei due genitori di sesso maschile che chiedono il riconoscimento, anche in Italia, del loro figlio dopo il ricorso del giudice della Cassazione Giacinto Bisogni. La donna che ha partorito il bambino non sarà ammessa a testimoniare
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ROMA - Ancora una volta la storia di una coppia dello stesso sesso - questa volta si tratta di due padri -  torna davanti alla Corte costituzionale per rivendicare un diritto. Quello di essere riconosciuti, a tutti gli effetti, come  i genitori del proprio figlio. Avuto, come nel caso che andremo a raccontare, da una donna che ha accettato di partorirlo. Proprio questa donna, stavolta, aveva chiesto alla Consulta di poter far sentire la sua testimonianza, di poter dire la sua insomma, per spiegare come e perché questo figlio è nato, come e perché non sarà mai suo figlio, ma il figlio dei due padri, come e perché lei non è assolutamente intenzionata a rivendicarne la maternità. E sarebbe proprio questo l’aspetto cui la donna tiene, al punto da volerne lasciare una prova cartacea.

E la Corte ha appena detto di no, ha giudicato la sua richiesta “inammissibile”. Per spiegarlo in modo semplice, questa donna, che vive in Canada, dove ha partorito un figlio la cui paternità, in base a quelle leggi, è stata riconosciuta ai due uomini che l’hanno voluto, non ha alcun ruolo giuridico nel processo che pende in Cassazione. Cioè proprio la Corte che con il suo presidente Giacinto Bisogni si è rivolta alla Consulta. Impugnando le norme che vietano in Italia il riconoscimento della doppia paternità, dei due padri in questo caso, che invece è stata tranquillamente riconosciuta oltreoceano. Ma la donna, la madre biologica in questione, non ha alcun ruolo nel processo alla Suprema corte. 

Di qui il rifiuto della Consulta di accogliere una sua testimonianza, un sua posizione sui fatti, che comunque sarebbe stata solo cartacea. Non immaginiamoci dunque una donna che parla davanti alla Corte costituzionale e racconta la sua esperienza e spiega chi le ha chiesto di fare questo figlio, come si sono svolti fatti, quando il bimbo è nato, perché lei lo ha ceduto, e perché infine i suoi padri legittimi sono gli stessi che le hanno chiesto di diventarne esclusivamente la madre biologica.

A parlare per suo conto sarebbe stata il suo avvocato di Milano Simona Viola che, appena ha letto il comunicato dell’ufficio stampa della Corte con l’anticipo della decisione dei 15 giudici, ha reagito così: “È un vero peccato e un’occasione sprecata questo negare l’ingresso - in un giudizio intriso di polemiche, pregiudizi e proclami sulla dignità della donna - proprio alla persona della cui dignità si parla e di cui ci si fa scudo”. 

Ma il punto è proprio questo. La Consulta deve pronunciarsi sul diritto dei due padri di veder riconosciuta anche in Italia la genitorialità del bambino che è stata pienamente e senza problemi già riconosciuta in Canada. Ma è stata già respinta in Italia e da qui nasce il ricorso alla Corte costituzionale del magistrato della Cassazione. Come precisa la Consulta l’oggetto su cui i 15 giudici devono pronunciarsi - e lo faranno il 27 gennaio sulla relazione di Francesco Viganò - è “unicamente la posizione giuridica dei due uomini verso il bambino”. Bambino nato grazie alla donna nel cui utero era stato impiantato l’ovocita di una donatrice anonima fecondato con i gameti di uno dei due uomini. Per il Canada nessun problema a riconoscere i due padri come genitori. Per l’Italia invece si riapre una querelle che vedrà presenti, il 27 gennaio, nelle vesti di “amici curiae”, molte associazioni la cui presenza è stata ammessa dalla Consulta perché forniranno un contributo giuridico, e quindi sul piano generale, sullo stato della legislazione. Mentre la Corte non può giuridicamente far entrare la testimonianza della madre biologica che è, a sua volta, estranea al processo.