Due virus circolano oggi in Italia, biologico l’uno, il coronavirus - che ha immediatamente conquistato l’arena mediatica; immateriale, l’altro, il virus della paura. Fatto di chiacchiere, impressioni, reazioni emotive, parole, quest’ultimo sta dilagando molto più velocemente del primo, attraverso la rete e le agenzie di stampa, contagiando un numero di persone enormemente più elevato di quello toccato dal virus bilogico, di tutte le età e condizioni e ben al di là della famosa «zona rossa», blindata da cordoni sanitari e quarantene.

Si tratta di un virus pericoloso, che riceve una copertura mediatica senza precedenti per nessun evento o catastrofe nell’Italia contemporanea. Capace di diffondere il panico, di paralizzare gli sforzi necessari a contenere la diffusione dell’«altro» virus, di dilatare gli effetti sull’economia e di «disunire» l’Italia, come stiamo vedendo in queste ore. Non per niente era la paura stessa durante le crisi epidemiche a incutere i più grandi timori negli antichi magistrati di sanità che dovevano governare l’emergenza. Ben consapevoli che la diffusione di una malattia mortale e contagiosa non incideva solo sulla salute fisica, alimentando la «fobia da contatto».

Quello che sappiamo sul coronavirus: la capacità di diffondersi, i tempi di incubazione e a che temperatura muore

Le pulsioni di panico, l’incubo dell’imprevisto e dell’ignoto spingevano a dare la caccia a presunti «untori», a forzare i cordoni sanitari, a sottrarsi all’isolamento forzato, a fuggire dai lazzaretti, diffondendo l’epidemia nelle zone «sane», mettendo a repentaglio l’economia. Lo «sbigottimento delle genti» poteva uccidere, come riferiva un anonimo cronista orvietano della peste descritta da Boccaccio nel Decamerone. Alcuni secoli dopo, citando Tucidide e la peste di Atene - che colpiva prima i «melancolici e i paurosi» - Ludovico Ariosto chiamava in causa «le gagliarde passioni dell’animo» che definiva «i primi beccamorti dell’uomo regnando il contagio».

Le risposte del virologo alle domande della figlia: cosa sapere sul coronavirus

Gli sforzi delle autorità sanitarie per dominare la paura e l’irrazionalità, capaci di rendere le popolazioni «più proclivi ai morbi», trovano nuovi argomenti in tutte le epidemie, impreviste e imprevedibili, fino alla Spagnola. Ma in quel 1918, a guerra non ancora conclusa, il carico di angoscia e di ansia non trova voce e spazio nei giornali per il divieto di evocare persino il nome della «madre di tutte le influenze» che avrebbe contribuito a «deprimere lo spirito pubblico».

L’infezione da Coronavirus non è la Spagnola. L’infezione da Coronavirus è ancora un’epidemia più mediatica che medica, con una diffusione circoscritta, grazie alle severe misure cautelative adottate, e con tassi di mortalità molto vicini a quelli dell’influenza. Occorrerebbe interrogarsi forse su che cosa ha innescato il virus della paura, ingiustificata, irragionevole, su cui s’infrange la voce della scienza e l’evidenza dei numeri.

La mappa in timelapse del contagio coronavirus in Italia: tutti i numeri, regioni e città colpite

Non sarà, a fare paura, il termine stesso di «contagio», in cui s’intrecciano i concetti di «diffusione», «epidemia», «infezione», «trasmissione», «mescolanza»? Angosce, paure, reazioni emotive appartengono al presente quanto al passato. Mentre la scienza sta mettendo a punto un efficace vaccino immunizzante e altre strategie terapeutiche, s’impone la necessità di addomesticare la paura nei confini della nostra cultura, operando secondo ragione.

Coronavirus, Ebola, Sars e influenza suina messe a confronto: quale virus si è diffuso e ha ucciso di più