DALL’INVIATO A NEW YORK. «Io penso che alla fine lo vorranno. È molto buono per loro». Il presidente Trump ha professato così il suo ottimismo, sulla possibilità che i palestinesi accettino il piano di pace che sta per presentare, ricevendo ieri alla Casa Bianca il premier israeliano Netanyahu. Mohammad Shtayyeh, leader dell’esecutivo di Ramallah, ha però già risposto che la sua proposta «non costituisce una base per risolvere il conflitto», viola la legge internazionale e «viene da una parte che ha perso la sua credibilità come onesto mediatore. Noi la rigettiamo».

Ieri mattina Trump ha ricevuto prima Netanyahu, e poi il generale Benny Gantz, suo avversario nella terza tornata delle elezioni israeliane, in programma il 2 marzo. Lo scopo era anticipare ad entrambi i contenuti del piano, ed ottenere il loro appoggio. Oggi il capo della Casa Bianca ha in programma una dichiarazione congiunta col premier, in cui dovrebbe annunciare alcuni dettagli.

La prima parte della proposta, preparata dal genero del presidente Jared Kushner, era quella economica, presentata nel giugno scorso durante una conferenza nel Bahrain. Secondo questo progetto, i palestinesi riceverebbero un pacchetto di finanziamenti da 50 miliardi di dollari se firmassero l’intesa, ma il leader dell’Autorità Abu Mazen lo ha già bocciato. La seconda parte del piano, cioè quella politica, è pronta da tempo, ma la sua pubblicazione è stata rimandata a causa della crisi politica nello Stato ebraico. Secondo le indiscrezioni circolate finora, consentirebbe l’annessione degli insediamenti, e non darebbe ai palestinesi la possibilità di formare un loro esercito o negoziare accordi internazionali.

Il negoziatore Saeb Erakat ha detto che se Netanyahu userà questo piano come copertura per cominciare l’annessione dei territori palestinesi, ciò porterà al ritiro dagli accordi di Oslo, perché «è un tentativo di distruggere la soluzione dei due Stati». Shtayyeh ha commentato che l’iniziativa di Trump ha solo lo scopo di «proteggere lui dall’impeachment, e Netanyahu dalla prigione», dato che oggi la Knesset voterà sulla sua richiesta di immunità dall’accusa di corruzione.

Secondo Benny Avni, analista di Medio Oriente per il New York Post, «la rinnovata diplomazia mediorientale del presidente Trump probabilmente mancherà l’obiettivo di una pace istantanea tra israeliani e palestinesi, ma potrebbe aiutare a mettere fine alla paralisi politica che ha bloccato Israele per un anno». Secondo Avni, il capo della Casa Bianca ha invitato Netanyahu e Gantz a poco più di un mese dal voto per aiutare il premier a vincere le elezioni, o comunque per facilitare la formazione del governo di unità nazionale, nel caso in cui per la terza volta nessuno dei due candidati ottenesse la maggioranza necessaria per formare il governo. La volta scorsa Bibi aveva proposto di dividere a metà la legislatura, governando lui all’inizio per neutralizzare il processo per corruzione, e cedendo poi la guida a Benny.

L’ex generale però aveva rifiutato, anche perché molti nel suo partito chiedono l’uscita di scena di Netanyahu come condizione per qualsiasi compromesso. Ora Gantz ha accettato l’invito alla Casa Bianca per mantenere buoni rapporti con Trump, ma si è rifiutato di apparire insieme al premier per non rafforzarlo e non dare l’impressione di essere pronto all’accordo. Il presidente però ha detto che alla fine i palestinesi accetteranno il suo piano, perché «è un’opportunità per la pace». —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti dei lettori