NEW YORK. Dopo aver lasciato la capitale russa senza firmare l'accordo, Khalifa Haftar si prende 48 ore per valutare meglio il documento e consultare gli alleati regionali sulle condizioni della tregua. E mentre annuncia la sua partecipazione alla Conferenza di Berlino di domenica, ammassa truppe e mezzi a ridosso di Tarhuna a sud di Tripoli e in altri punti nevralgici attorno alla capitale. Il generale tenta così di giocare la carta della diplomazia ibrida, la stessa usata da Mosca per convincerlo a sedersi al tavolo delle trattative. Ma a metterlo in guardia ci pensa Ankara che promette di suonargliele come mai prima se violerà il cessate il fuoco.

Non è stato raggiunto «nessun risultato definitivo ma l’impegno continuerà», assicura il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. Il quale chiede di «unire gli sforzi» compiuti da europei e Paesi vicini della Libia, nonché quelli di Russia e Turchia, e agire così «in un'unica direzione». Dal ministero della Difesa di Mosca spiegano che la quantità di problemi accumulati in Libia «richiedono un lavoro profondo per individuare soluzioni condivise». «Così com’è l’accordo non sarà firmato», tuonano da Bengasi. I motivi sono molti tra i quali l'intenzione della Turchia di sfruttarlo imponendosi come attore di riferimento in Libia e legittimare i due memorandum d'intesa firmati col Governo di accordo nazionale. Uno degli scogli principale è la presenza dei turchi come mediatore, «servono Stati neutrali», insiste il generale. Altro problema: il riconoscimento implicito del parlamento parallelo di Tripoli (Consiglio di Stato) «come nuovo organo in conflitto con il parlamento legittimo di Tobruk». Nella bozza di accordo c’è infatti lo spazio per la firma di 5 istituzioni: il governo di Al Sarraj, l'Alto consiglio di Stato guidato da Khaled al Mishri, una sorta di Senato, contrappeso politico del Parlamento di Tobruk, quest’ultimo presieduto da Aguila Saleh, e il «Tripoli Group», il gruppo «scissionista» e filo-tripolitino dello stesso consesso di Tobruk.

Il generale, e i suoi alleati, sembrano voler guadagnare tempo, come dimostra l’adesione alla conferenza di Berlino sulla Libia, in programma domenica prossima. Nel frattempo però Haftar muove le truppe a ridosso della capitale forte dei rinforzi di veicoli e artiglieria inviati dagli Emirati Arabi. Sul fronte opposto è Lavrov a mettere in guardia dicendo che «gli estremisti che hanno perso le loro posizioni a Idlib, in Siria, si stanno trasferendo in Libia». Sono circa 400 i mercenari già arrivati per combattere al fianco del Gna, riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani. Secondo l'ong, almeno 14 sono già rimasti uccisi.

I russi rassicurano tuttavia sul fatto che la tregua resta in vigore. Mosca crede ancora nel negoziato, ma a portare una ventata di pragmatismo è Recep Tayyip Erdogan a margine del nuovo incontro di Istanbul con Sarraj. «Il golpista Haftar ha mostrato il suo vero volto, non ha mantenuto fede agli impegni presi, se dovesse riprendere le ostilità, gli daremo una lezione».

Alla luce degli ultimi sviluppi assume un peso maggiore la conferenza di Berlino che punta a far sedere allo stesso tavolo tutti gli «azionisti» del conflitto. L'appuntamento rischiava di essere sminuito e superato in caso di un successo immediato dell'azione diplomatica turco-russa. Ma a mettere in guardia è il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu: «Se Haftar continua così, l’appuntamento in Germania non avrà senso». —

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