TOKYO. Tre dirigenti della Tepco, gestore dell’impianto di Fukushima, sono stati assolti dalla corte distrettuale di Tokyo nell’ambito dell’inchiesta sul disastro nucleare dell’11 marzo 2011. I tre dirigenti erano accusati di negligenza per non aver adottato le misure necessarie e prevenire lo Tsunami, causando così la morte di 44 persone. Questi erano stati gli unici ad affrontare cause penali per il disastro della centrale di Fukushima, che otto anni fa innescò la più grossa crisi nucleare dai tempi di Chernobyl: la corte di Tokyo però li ha ritenuti non colpevoli.

L'ex presidente Tsunehisa Katsumata, 79 anni, e gli ex vice presidenti, Sakae Muto e Ichiro Takekuro, erano accusati di aver causato la morte di 44 pazienti di un ospedale vicino alla centrale nucleare, costretto all’evacuazione dopo lo tsunami, e delle ferite riportate da altre 13 persone durante l'esplosione di idrogeno alla centrale nucleare di Fukushima Daichi. Rischiavano fino a cinque anni di carcere. L’incriminazione, partita nel 2017, riguardava l’assenza di misure preventive per evitare il disastro, nonostante i tre avessero ricevuto avvertimenti da esperti sulle conseguenze di un terremoto e di un successivo tsunami. I dirigenti si erano dichiarati non colpevoli di negligenza professionale perché non potevano prevedere lo tsunami.

Il disastro nucleare di Fukushima, nel nord est del Giappone, risale all’11 marzo 2011 quando il terremoto di Tohoku di magnitudo 9 provocò uno tsunami che colpì la centrale nucleare, con diverse esplosioni e contaminazione radioattiva nell’area. Le vittime del disastro furono circa 20 mila e 120 mila persone furono costrette ad abbandonare le proprie abitazioni per le radiazioni: ancora oggi sono migliaia le persone sfollate.

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