Almudena Grandes, scomparsa a 61 anni dopo una lunga malattia, è stata la scrittrice che ha dato voce al XX secolo spagnolo. Il più difficile per un Paese che ha sognato con la repubblica, poi dilaniato dalla guerra civile, dominato dalla più lunga dittatura fascista europea e poi lanciato verso un recupero vitale, dagli anni '80 ma non ancora pacificato del tutto con il franchismo. Dal 2010 aveva iniziato un progetto di romanzi storici pubblicando , “Inés e l'allegria” che apre la serie della lunga epopea in sei imponenti e bellissimi romanzi storici della Spagna del ‘900 intitolata “Episodi di una guerra interminabile”.

Agli inizi Grandes aveva però dato voce alla contemporaneità di quella Spagna improvvisamente modernizzata, in cui la componente femminile si è subito dimostrata il traino sociale e culturale, a cui aveva dato voce con il suo debutto in narrativa, "Le età di Lulù”, del 1989, un’opera subito tradotta in venti lingue trasposta al cinema da Bigas Luna che aveva contribuito a far conoscere ancora di più la sua scrittura. Grandes lascia subito il filone erotico, ma nei romanzi successivi tiene il filo del racconto della realtà e delle donne della contemporaneità, in opere come “Malena, un nome da Tango” o la raccolta di racconti “Modelli di donna” così come in “Atlante di geografia umana” (1998), “Gli anni difficili” (2002) e “Troppo amore” (2004) ha continuato a indagare le trasformazioni psicologiche, l'emancipazione femminile, il cambiamento morale e materiale, le contraddizioni sociali della Spagna tra fine 900 e inizio anni 2000, lanciata dopo decenni di sonnolento isolamento della dittatura di Franco, a diventare una democrazia importante nella nascente Unione Europea.

“Perdiamo una delle scrittrici di riferimento del nostro tempo”, ha scritto su Twitter il premier spagnolo Pedro Sanchez ricordandola. Un riconoscimento di una voce collettiva che in questi anni ha fatto dire a molti intellettuali che Almudena Grandes, come e più di altri scrittori spagnoli, era riuscita nell'impresa in cui avevano fallito politici e storici: ricostruire una storia comune, creare la voce di un popolo, raccontando le molte anime del paese, gli sconfitti e i vincitori, una posizione che tuttavia le due parti, la destra e sinistra, che durante il secolo si sono scontrate, hanno occupato alternandosi, e che ancora durava sotto l’apparente pacificazione nel suo scontro o “guerra interminabile” come l’aveva chiamata per dare unità al ciclo dei romanzi della sua grande impresa (Ines e l'allegria; Il ragazzo che leggeva Verne; I tre matrimoni di Manolita; I pazienti del dottor Garcia, editi in Italia da Guanda, e gli ultimi. La madre de Frankenstein e Mariano en el Bidasoa). Con questi libri aveva ricostruito il vissuto reale, le storie comuni, anche le storie di divisioni e lacerazioni interne a famiglia, amicizie, amori, compiendo in questo una sorta di pacificazione ideale, dentro un’architettura narrativa poderosa e trascinante, in cui la Storia veniva ritratta nei suoi aspetti quotidiani, minimi, umani, raccontando anche molte vicende vere e sconosciute della guerra civile. Grandes era spostata con il poeta Luis Garcìa Montero, direttore dell'Istituto Cervantes e di recente aveva raccontato di come affrontava la sua malattia, che non è riuscita a superare.

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