«Salvare» i figli dei migranti illegali in cambio del muro al confine col Messico. È questa la strategia utilizzata da Donald Trump per uscire dalle sabbie mobili dello shutdown causato dal braccio di ferro proprio sulla barriera anti-migranti.

Parlando alla nazione il presidente americano avverte che non lascerà alla sinistra radicale di controllare i confini del Paese, ma lancia anche un appello a lavorare in modo bipartisan, «ad ascoltarsi, e trovare soluzioni insieme», per risolvere lo shutdown giunto alla quota record dei trenta giorni, e garantire sicurezza alle frontiere.

Lo scontro

Da una parte il presidente e la sua promessa di fermare gli ingressi illegali e i traffici illeciti, dall’altra l’opposizione democratica che vede il suo alfiere nella speaker Nancy Pelosi determinata a non cedere nemmeno di un centimetro. Ecco allora che l’inquilino della Casa Bianca cala le sue carte: una legge che protegga i dreamers, «700 mila immigrati» entrati nel Paese da bambini al seguito di genitori irregolari, in cambio dei «5,7 miliardi di dollari» per il muro col Messico. Trump cerca di spiazzare i Dem sui dreamers dopo aver revocato il Daca (Deferred Action for Childhood Arrivals), il programma varato da Barack Obama per tutelarli. Una mano tesa, quindi, e non la dichiarazione di una emergenza nazionale, come si pensava inizialmente.

Il possibile compromesso sarebbe stato messo a punto da Jared Jushner, genero e consigliere del tycoon, dal vicepresidente Mike Pence e dal capo dello staff ad interim Mick Mulvaney. Ma la sua capacità risolutiva appare molto debole vista la presa di posizione di Pelosi definisce insufficiente e destinata al fallimento l’offerta anticipata dai media di una difesa dei dreamers in cambio dei fondi per il muro col Messico. «Non è uno sforzo in buona fede» per aiutare i migranti e potrebbe non essere approvata alla Camera, ha aggiunto.

Sembra così destinato a proseguire il braccio di ferro che negli ultimi giorni ha causato una escalation dello scontro proprio tra il presidente e la speaker della Camera, con «dispetti’ reciproci»: dal rinvio del discorso di Trump al Congresso per lo State of the Union alla cancellazione del viaggio della Pelosi in Afghanistan, sempre invocando come pretesto lo shutdown. Ecco perché Trump ha preferito fare un passo indietro per compierne due avanti, nel giorno in cui incassa un’altra inatteso sostegno. Per di più trovando un estemporaneo alleato in Robert Mueller, il procuratore del Russiagate titolare della maxi inchiesta che più di ogni altra cosa grava sul capo di Trump come una spada di Damocle.

L’«alleato» Mueller

Mueller ha contestato pubblicamente la ricostruzione del sito BuzzFeed, secondo cui Michael Cohen, l’ex avvocato del tycoon, avrebbe confermato allo stesso Mueller che il presidente gli ordinò di mentire al Congresso sui negoziati per una Trump Tower a Mosca. «La descrizione di BuzzFeed di specifiche dichiarazioni e la caratterizzazione dei documenti e delle deposizioni ottenute da questo ufficio riguardo alla testimonianza al Congresso di Michael Cohen non sono accurate», ha scritto in un comunicato Peter Carr, portavoce di Mueller. Una presa di posizione clamorosa, ma che mette in evidenza il debole di taluni media americani nel voler attaccare a tutti i costi Trump anche a colpi di fake news.

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