Global financial stability report

Fmi: l’Italia riaccende i timori sul legame debito-banche nella Ue

di Gianluca Di Donfrancesco

Debito pubblico italiano insostenibile, come ai tempi di guerra

2' di lettura

L'incertezza sui conti pubblici italiani «ha rialimentato i timori sul nesso tra debito sovrano e sistema finanziario», quello «al cuore della crisi del 2011-12». Lo afferma il Fondo monetario internazionale nel suo Global financial stability report, presentato oggi a Washington. Dopo la correzione al ribasso sulle stime di crescita nel World economic outlook (con Pil fermo allo 0,1% nel 2019), arriva così un altro campanello d'allarme per l'Italia.

Nell'Eurozona, spiegano i tecnici del Fondo, i coefficienti patrimoniali delle banche sono più alti e sono stati ridotti i crediti in sofferenza. Tuttavia, se i rendimenti sui titoli di Stato si impennassero, le banche più esposte verso i Paesi ad alto debito (come l'Italia, appunto), potrebbero subire perdite pesanti. Altre passività potrebbero arrivare dagli Npl e da deprezzamenti markto-market dei bond sovrani. Per la situazione patrimoniale di alcuni istituti di credito, il colpo sarebbe “significativo”.

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Anche le compagnie di assicurazioni potrebbero essere coinvolte, avvisa il Fondo, data la loro esposizione su obbligazioni, pubbliche, bancarie e societarie. Insomma, torna a riaffacciarsi il rischio che le difficoltà della finanza si diffondano a imprese e famiglie.

Dopo l'impennata nella seconda metà dello scorso anno, in questo scorcio di 2019, aggiunge il Fondo, lo spread dei bond italiani ha in parte ritracciato, limitandone l'impatto sulle obbligazioni pubbliche dei partner dell'euro. Molte misure sono state messe in atto per prevenire nuovi shock, senza però portare a termine il lavoro: l'Unione bancaria non è completa e manca ancora la garanzia unica sui depositi bancari, sottolinea il report. Non è la prima volta che l'Fmi batte sul punto.

Per il Fondo, le banche dell'Eurozona devono quindi continuare a far pulizia nei bilanci. L'Fmi suggerisce poi di prendere in considerazione la riduzione dell'esposizione delle banche al rischio sovrano.

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