MERCOLEDì VERTICE dell’unione

Brexit, possibile proroga Ue a marzo 2020 (ma Londra dovrà votare alle Europee)

di Alberto Magnani

(Epa)

3' di lettura

BRUXELLES - Se il rinvio della Brexit slitterà oltre il 23 maggio, Londra dovrà partecipare obbligatoriamente alle elezioni europee. Un cambio di rotta che prevedrebbe, fra l'altro, la ridistribuzione dei seggi già assegnati ad alcuni Stati membri. Lo riferiscono fonti comunitarie a Bruxelles, commentando gli scenari che si stanno profilando nello stallo diplomatico del divorzio tra Regno Unito e Ue. I leader europei sono inclini a offrire al Regno Unito una proroga lunga il tempo necessario, anche oltre quel 31 dicembre di cui si era parlato martedì, liquidando così la richiesta della premier britannica di un rinvio breve al 30 giugno. Il Regno Unito, in ogni caso, dovrà onorare l’impegno del voto, pena la minaccia di un’uscita “forzata” l’1 giugno.

La parola finale sui tempi del rinvio, precisano le fonti, spetterà comunque ai capi di Stato. Quanto all'ipotesi di riaprire il negoziato sull'accordo di recesso, Bruxelles resta contraria a qualsiasi revisione sui contenuti. Semmai, fanno sapere, ci potrebbe essere un ritocco alla dichiarazione politica che accompagna il deal siglato da May, sempre che la premier trovi un accordo con i laburisti. In ogni caso, la soluzione accettata dall’Ue possono essere solo due: ratificare il deal di May o bloccare del tutto il divorzio. A Bruxelles traspare una certa frustrazione per l’impasse diplomatica che sta allungando il processo.

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Ue pronta a offrire un rinvio a fine anno
L'ipotesi di offrire al Regno Unito un rinvio della Brexit fino al 31 dicembre 2019 si è fatta “probabile” dopo che il capo negoziatore europeo, Michel Barnier, non è riuscito a convincere i capi di Stato Ue a concedere una proroga breve al governo di Theresa May. Il primo ministro britannico aveva tentato di strappare un rinvio entro il 30 di giugno, con l'obiettivo di aumentare il pressing sul suo Parlamento e ottenere la ratifica dell'accordo siglato con la Ue, reduce da un totale di tre bocciature alla Camera dei Comuni. Barnier ha sposato questa linea, ma l'esito non è stato favorevole.

L'opposizione della Francia
Secondo il quotidiano britannico The Guardian, che cita un documento riservato, l'ipotesi di una proroga lunga si è definita in un meeting a Lussemburgo in preparazione del 10 aprile: la data del summit d'emergenza convocato dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk per stabilire una linea comune sul divorzio da Londra e le richieste di May. Fra i paesi che si sono schierati contro un rinvio al 30 giugno figura anche la Francia di Emmanuel Macron, forse il leader che si è mostrato più intransigente con Londra e i suoi (ulteriori) tentativi di dilazione di un processo già slittato dal 29 marzo al 12 aprile. Parigi, sottolineano fonti dell'Eliseo, non è «necessariamente contraria» a un'estensione, ma vuole comunque scongiurare il rischio di rinvii troppo prolungati. Un parere opposto a quello della Germania: la cancelliera Merkel, a quanto riferiscono i media tedeschi, ha dichiarato che si sta andando verso una “flexestension”, un rinvio flessibile e destinato a durare anche fino al 2020.

Bruxelles aveva fissato un aut aut che riteneva definitivo, obbligando il Regno Unito a presentarsi entro il 12 aprile con il sì della Camera all'accordo oppure accettare l'ipotesi di una Brexit senza accordi a partire da quella stessa data.

L’ANALISI / Perché Macron è così intransigente su Brexit

La controproposta di May di un nuovo rinvio sarebbe stata accolta solo se accompagnata da una motivazione “solida”. A quanto pare, quelle fornite da May non sono ancora riuscite a fare breccia.

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