Se perde il voto del 15 gennaio

Brexit, il Parlamento impone a May un Piano B

di An.Man.

Manifestanti per il Leave

2' di lettura

Finite le feste, la politica britannica riprende da dove ha lasciato: un accordo sulla uscita del Regno Unito dalla Ue che la maggioranza del Parlamento di Londra rifiuta, una leader, Theresa May, in grande difficoltà, la Ue che aspetta gli eventi, cioè il voto dello stesso Parlamento britannico fissato ora il 15 gennaio che sancirà la promozione o la più probabile bocciatura dell’accordo Ue-Londra siglato durante il summit dello scorso novembre a Bruxelles tra i 27 e la signora May rappresentante del governo britannico.

Mercoledì sono riprese le ostilità e non sono buoni gli auspici per May: la primo ministro britannico dovrà infatti presentare un nuovo piano per Brexit entro 3 giorni se l'attuale testo dell'accordo fra Londra e Bruxelles sarà bocciato dalla Camera dei Comuni il 15 gennaio. È questa la mozione che oggi è stata votata su iniziativa dell'ex procuratore generale Dominic Grieve possibile grazie alla decisione dello speaker dei Comuni, John Bercow, di ammettere l'emendamento. Il governo ha perso per 11 voti, 308 contro 297.

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Un secondo referendum su Brexit, è una possibilità sempre più reale.

May ha così un argomento di pressione in meno perché sinora ha agitato lo spauracchio di una Brexit senza accordo che avrebbe conseguenze devastanti per l'economia nazionale. I suoi oppositori - secondo quest’ultima votazione sempre più numerosi, non sono più solo i brexiteers duri e puri - la sfidano sul suo stesso terreno: quello della minaccia di un «no deal». Se è possibile un piano B, la paura per un no all’accordo passa o almeno si attenua.

Al momento appare del tutto improbabile che il testo dell'accordo sia approvato considerato che non vi sono stati cambiamenti rispetto al testo ritirato all'ultimo momento prima del voto l'11 dicembre scorso dal governo, proprio per la paura più che fondata di una bocciatura.

In questo caos, si riparla di un addio alla Ue sul modello Norvegia - Norway plus - che sarebbe una Brexit ancora più soft di quella pattuita da May con i 27 leader Ue e che la stessa premier e i suoi ministri colomba ufficialmente rifiutano.

Con i lavori paralmentari, riprendono incontrollabili e incontrollate anche le indiscrezioni della stampa britannica: il tabloid Daily Mail scrive per esempio che la signora May è pronta a usare contro i suoi oppositori «l’opzione nucleare» cioè indirebbe elezioni anticipate il 4 aprile per spingere il suo partito a non mettersi più di traverso nei mesi decisivi per la Brexit fissata per legge il 29 marzo 2019. Una indiscrezione in verità che lascia il tempo che trova, primo perché May ha già usato quest’arma l’8 giugno del 2017 e ha fallito perché con le elezioni anticipate ha perso la maggioranza assoluta in parlamento ed è stata costretta a un governo di minoranza con l’appoggio degli unionisti nordirlandesi. Secondo perché la minaccia ed eventuale punizione arriverebbe quando il danno è ormai consumato cioè dopo la fatidica data e molto dopo l’imminente voto parlamentare.

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