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Fine vita, uno stop all’incardinamento dei disegni di legge

Sconvocate le commissioni riunite per l’esame della legge sul fine vita, per l’assenza di un rappresentante del Governo

di Patrizia Maciocchi

2' di lettura

Subisce ancora uno stop il cammino dei disegni di legge sul fine vita. È infatti saltato l’incardinamento in Senato dei Ddl, per l’assenza del governo, la cui presenza è necessaria in tutta l’attività parlamentare. I senatori delle Commissioni giustizia e Affari sociali, dove oggi dovevano essere solo illustrati, hanno ricevuto una comunicazione con la sconvocazione della seduta, per l’assenza del governo. Non crede al caso uno dei firmataria di una delle proposte.

Esprimono la loro contrarietà Alfredo Bazoli e Sandra Zampa, rispettivamente capogruppo Pd in commissione Giustizia e capogruppo Pd in commissione Affari sociali.«Sorprendente e inspiegabile che, a pochi minuti dall’inizio della seduta, siano state sconvocate le commissioni riunite per l’esame della legge sul fine vita. La motivazione, una improvvisa indisponibilità del governo, non è accettabile, perché si trattava di incardinare il provvedimento, di fare le relazioni introduttive e stabilire un calendario dei lavori, per il che bastava un sottosegretario privo di delega specifica. Ci auguriamo si tratti di un rinvio a brevissimo, perché non sarebbe accettabile un atteggiamento ostruzionistico da parte della maggioranza su un tema così importante sul quale il Parlamento è in grave ritardo».

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Il monito del presidente della Consulta

Solo il 18 marzo scorso il presidente della Corte costituzionale Augusto Antonio Barbera aveva espresso il suo rammarico per l’inerzia del legislatore nei casi più significativi. Un mancato intervento che si traduce in una rinuncia a una prerogativa che ad esso compete «obbligando - aveva detto Barbera - questa Corte a procedere con una propria e autonoma soluzione, inevitabile in forza dell’imperativo di osservare la Costituzione». Dal presidente della Consulta era arrivato, appunto l’invito al legislatore ad dare seguito alla sentenza “Cappato” sul fine vita. La legge dovrebbe muoversi sui binari tracciati dalla Corte costituzionale regolamentando quanto già stabilito: il diritto di ogni cittadino di scegliere se morire, in presenza di quattro requisiti: patologia irreversibile, trattamenti di sostegno vitale; sofferenze fisiche o psicologiche insopportabili.

Le iniziative delle regioni e dei giudici

Un vuoto legislativo che le regioni provano a riempire, muovendosi in ordine sparso. Dopo lo stop della regione veneto alla legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito arrivato già ai primi due dei 5 articoli complessivi, l’Emilia-Romagna ha scelto la via della delibera per fissare le direttive per l’accesso al suicidio assistito e tempi certi per chi ne fa domanda.
Con le regioni si muovono anche i giudici. Da ultimo il giudice di Firenze ha sollevato, a fine gennaio scorso, una nuova eccezione di legittimità costituzionale per l’aiuto al suicidio. Nel mirino del giudice toscano è finito l’articolo 580 del codice penale per la parte in cui richiede che la non punibilità di chi agevola il suicidio sia subordinata anche alla condizione dell’essere «tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale», per contrasto con gli articoli 2, 3, 13, 32, 117 della Costituzione. Sempre rivolgendosi alla giustizia civile e penale, a dicembre 2023 per la prima volta in Italia una persona ha avuto accesso all’aiuto alla morte volontaria interamente nell’ambito del Servizio sanitario pubblico a seguito dell’ordine di un giudice”. Una donna triestina di 55 anni, affetta da sclerosi multipla, è morta il 28 novembre del 2023 in seguito all’autosomministrazione di un farmaco letale.


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