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L’inflazione Usa fa sbandare le Borse. Fed: taglio appropriato nel 2024, ma non a giugno

L’oro rallenta la corsa dopo i record. Forte il dollaro: nuovo top dal 1990 contro lo yen ed euro sotto quota 1,08. Spread stabile, rendimenti in rialzo. Fitch taglia l’outlook sul debito sovrano cinese

di Enrico Miele e Paolo Paronetto

La Borsa, gli indici del 10 aprile 2024

4' di lettura

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - L’inflazione americana superiore alle stime in marzo allontana il momento del taglio dei tassi Fed e spinge Wall Street in rosso - in chiusura il Dow Jones perde l’1,09% a 38.461,51 punti, il Nasdaq cede lo 0,84% a 16.170,36 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno lo 0,95% a 5.160,64 punti - mentre le Borse europee hanno chiuso in ordine sparso una seduta volatile.

Quasi tutti all’interno della Fed ritengono, comunque, un taglio dei tassi appropriato quest’anno se l’economia evolve come previsto. E’ quanto si legge nei verbali dell’ultima riunione della Fed.

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I recenti dati sull’inflazione sono “deludenti”, serve maggior sicurezza sui progressi sull’inflazione “prima di tagliare i tassi d’interesse”. È quanto emerge dai verbali relativi all’incontro - terminato il 20 marzo - del Federal Open Market Committee (Fomc), l’organismo della Federal Reserve responsabile della politica monetaria degli Stati Uniti.

In quell’occasione, il Fomc decise di mantenere i tassi d’interesse al 5,25%-5,50%, livello a cui sono stati portati nel luglio dello scorso anno, il più alto dal 2001.

I banchieri hanno poi ribadito che i tassi dovranno restare alti, se i progressi sull’inflazione si fermeranno, quindi parrebbe difficile un taglio entro giugno. I tassi d’interesse erano stati abbassati allo 0-0,25% nel marzo del 2020, per combattere gli effetti negativi della pandemia di coronavirus sull’economia statunitense, e poi progressivamente alzati dal 2022. Secondo il ’dot plot’, il grafico che registra, ogni tre mesi, le previsioni dei banchieri della Fed, la Banca centrale statunitense prevedeva ancora, a marzo, un taglio dei tassi d’interesse di 75 punti base nel 2024, come a dicembre. Sono poi previsti tre tagli da 25 punti base il prossimo anno - non quattro - e tre nel 2026. Infine, altri due tagli per portare i tassi nel lungo periodo al 2,5%, livello che la Fed considera “neutro”.

Tra le Borse europee il Ftse Mib di Piazza Affari, dopo diversi cambi di direzione, ha terminato la giornata in territorio positivo dello 0,28% al traino dei titoli bancari, che hanno approfittato della prospettiva di tassi di interesse più elevati più a lungo, con inevitabili ricadute positive sui ricavi degli istituti di credito. Si è messa in luce in particolare Mps (+4,83%) dopo che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha indicato il 2024 come anno decisivo per un’aggregazione.

Sul fronte macro gli investitori, come detto, vedono sempre più lontano un taglio dei tassi a giugno negli Stati Uniti, mentre la traiettoria della Bce sembra più chiara, grazie a un’inflazione più bassa che potrebbe portare l’Eurotower ad agire prima della banca centrale americana. In base all’eleborazione del Cme FedWatch Tool, il mercato ormai considera probabile un taglio dei tassi Fed a giugno solamente al 20,6%, mentre il mantenimento dello status quo è quotato al 79 per cento. Giovedì, intanto, è in calendario la riunione del consiglio direttivo della Bce e l’attenzione sarà concentrata sulle parole della presidente Christine Lagarde.

Prezzi al consumo Usa più alti del previsto

In marzo i prezzi al consumo negli Stati Uniti sono aumentati dello 0,4% rispetto al mese precedente, secondo quanto comunicato dal dipartimento del Lavoro, contro attese per un rialzo dello 0,3%, dopo il +0,4% di febbraio. Il dato annuale è salito dal 3,2% di gennaio al 3,5%, con il consensus al 3,4%. Il dato “core”, ovvero quello depurato dalla componente dei prezzi dei beni alimentari ed energetici, è cresciuto dello 0,4%, contro attese per un +0,3%, dopo il +0,4% di febbraio. Rispetto a un anno prima, il dato “core” ha registrato un rialzo del 3,8%, come a febbraio, contro attese per un rallentamento al 3,7%. I prezzi energetici sono aumentati dell’1,1% rispetto al mese precedente, quelli dei generi alimentari sono cresciuti dello 0,1%; rispetto a un anno prima, l’energetico ha fatto registrare il primo aumento dal febbraio 2023, con un rialzo del 2,1%, il settore dei generi alimentari è in rialzo del 2,2%.

A Piazza Affari bene Mps. Debole Enel

Sul listino milanese si è messa in evidenza Mps: secondo Giorgetti le attese nozze, che concluderebbero il processo di privatizzazione con l’uscita definitiva del Mef dal capitale, potrebbero concretizzarsi nel 2024. Nel comparto gli acquisti hanno premiato anche la Banca Popolare di Sondrio (+3,44%), Banco Bpm (+2,37%) e Bper (+1,78%).

Vendite invece su Italgas (-2,81%), che secondo indiscrezioni di stampa avrebbe inviato una proposta preliminare per acquisire 2i Rete Gas. Male anche Amplifon (-4,04%) e ha vissuto una seduta sotto pressione Enel (-2,16%) all’indomani del gravissimo incidente alla centrale idroelettica del bacino di Suviana.

Oro frena la corsa, si rafforza il dollaro

Tra le materie prime, l’oro ha frenato la sua corsa dopo i record della vigilia. Debole il petrolio, con il contratti di maggio sul Wti in calo dello 0,55% a 84,76 dollari al barile e il Brent per giugno dello 0,49% a 88,99 dollari. Il gas scende a 27,1 euro al megawattora (-0,8%).

Sul valutario è in deciso rafforzamento il dollaro che beneficia della prospettiva di un rinvio del previsto allentamento della politica monetaria Usa. L’euro vale 1,0744 dollari da 1,0850 martedì in chiusura. La moneta unica vale anche 164,25 yen (da 164,95), mentre il biglietto verde ha fatto segnare il nuovo massimo dal 1990 nei confronti dello yen ed è indicato a 152,89 (da 151,89).

Spread stabile a 134 punti, rendimenti in rialzo

Sull’obbligazionario, chiusura su livelli invariati per lo spread tra BTp e Bund in una giornata di rialzi diffusi dei rendimenti dei governativi europei dopo la diffusione del dato sull’inflazione americana. A fine seduta, il differenziale di rendimento tra il BTp decennale benchmark e il Bund tedesco si è attestato infatti a 134 punti, esattamente il livello del closing di martedì. L’inflazione americana superiore alle stime a marzo, e i timori che il dato possa allontanare il taglio dei tassi da parte della Fed ha spinto invece in alto il rendimento del BTp decennale benchmark, che ha segnato un’ultima posizione al 3,76%, dal 3,71% del riferimento precedente.

Fitch taglia l’outlook sul rating sovrano cinese

In Asia, Fitch ha tagliato l’outlook sul rating sovrano della Cina a «negativo» a causa dei rischi legati alle finanze pubbliche mentre l’economia è alle prese con le maggiori incertezze nel passaggio a nuovi modelli di crescita, nel pieno della crisi immobiliare. L’agenzia di valutazione stima che il disavanzo pubblico debba salire al 7,1% del Pil nel 2024 (dal 5,8% del 2023), al livello più alto dall’8,6% del 2020, alimentato dalle rigide misure anti-Covid di Pechino. Pur avendo rivisto al ribasso l’outlook, indicando quindi che un downgrade è possibile nel medio termine, Fitch ha tenuto il rating Idr della Cina ad A+.

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