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  • Martedì 12 febbraio 2019

Il discorso di Giuseppe Conte al Parlamento Europeo

Era piuttosto atteso, ma alla fine è stato generico e soprattutto è avvenuto davanti a un'aula semivuota

(ANSA/FILIPPO ATTILI UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI)
(ANSA/FILIPPO ATTILI UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI)

Oggi pomeriggio il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ha parlato al Parlamento Europeo, radunato in assemblea plenaria a Strasburgo. Nonostante le molte aspettative – era la prima volta per Conte al Parlamento, per di più in un momento non semplice per la diplomazia italiana – il suo discorso è stato abbastanza generico. Moltissimi europarlamentari, inoltre, non si sono presentati in aula, col risultato che decine di seggi sono rimasti vuoti, molti più del normale per un discorso di un capo di governo di un paese così importante.

All’inizio del suo discorso ha parlato fra le altre cose di «spazio giuridico europeo», «tutela multilivello dei diritti fondamentali della persona», e rilancio del progetto europeo. Più tardi ha accusato l’Unione Europea di aver badato eccessivamente all’unione economica piuttosto che a quella politica – una critica che viene avanzata soprattutto da sinistra – e ha chiesto una «visione» comune per affrontare i principali problemi della globalizzazione. Più in generale quello di Conte è sembrato un normale discorso da primo ministro, molto distante dai toni e dagli argomenti usati in questi mesi dal M5S e dalla Lega.

Buona parte degli europarlamentari che hanno preso parola durante il dibattito ha usato toni più severi, accusando il governo Conte di trattare in maniera disumana i migranti, di aver impedito che l’Unione Europea trovasse una linea comune sulla crisi in Venezuela, e anche di non partecipare a sufficienza ai vertici fra i governi europei. Guy Verhofstadt, il capogruppo dei liberali, in un intervento letto in italiano si è detto dispiaciuto del fatto che l’Italia sia diventata il «fanalino di coda» in Europa in vari ambiti, fra cui la crescita economica, e ha definito Conte «un burattino» nelle mani di Matteo Salvini e Luigi Di Maio.

In un’intervista data ieri a Politico, Conte aveva già negato di sentirsi «isolato», e aveva rivendicato che il suo governo aveva «espresso delle opinioni anche quando aveva da dire qualcosa di scomodo». Nelle sue risposte agli europarlamentari, Conte ha seguito più o meno la stessa linea, spiegando che il suo governo sta portando avanti un «cambiamento» chiesto sia dai cittadini italiani che da quelli europei. Si è agitato soltanto quando ha risposto a Verhofstadt: gli ha detto non sentirsi un burattino, e ha rigirato l’accusa sostenendo che è un burattino «chi risponde a lobby e gruppi di potere», fra gli applausi degli europarlamentari del M5S.

Prima del dibattito Conte aveva incontrato separatamente il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker e quello del Parlamento Antonio Tajani, e aveva dato un’intervista alla rete di radio universitarie Europhonica per ricordare il giornalista italiano Antonio Megalizzi, morto due mesi fa in un attentato terrorista a Strasburgo.