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"Non saremo loro soci". Conte chiude ai Benetton

Il premier alza la voce contro Autostrade per l'Italia: "Non accetteremo di sacrificare il bene pubblico sull'altare dei loro interessi privati". Ma il governo è spaccato

"Non saremo loro soci". Conte chiude ai Benetton

Il dibattito sulla questione della revoca della concessione ad Autostrade potrebbe essere alle battute finali: il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è espresso duramente dopo l'ultimo piano presentato dai Benetton per non incorrere nella revoca in seguito al crollo del ponte Morandi. Il premier si è detto "per nulla" soddisfatto delle proposte di negoziato che la concessionaria del gruppo Atlantia ha formulato al governo: "Sabato è arrivata una risposta ampiamente insoddisfacente, per non dire imbarazzante: tutto meno che un’accettazione piena e incondizionata delle richieste del governo".

L'avvocato si è rivolto direttamente alla proprietà, accusandola di prendere in giro i familiari delle vittime e tutti gli italiani: "Non hanno ancora capito che, dopo molti mesi, questo governo non accetterà di sacrificare il bene pubblico sull’altare dei loro interessi". A suo giudizio sarebbe davvero paradossale se lo Stato entrasse in società con i Benetton, non per questioni personali, ma per le "gravi responsabilità accumulate dal management scelto e sostenuto dai Benetton nel corso degli anni dal crollo del Morandi e anche dopo". Inoltre ha garantito di non temere in alcun modo il contenzioso che deriverebbe dalla revoca della concessione: "Quel crollo, le 43 vittime, i gravi danni causati alla comunità genovese, costituiscono un gravissimo e oggettivo inadempimento del concessionario". Anche perché ci sarebbe una lunga lista, accumulata nel tempo, di cattive o mancate manutenzioni - ordinarie e straordinarie - della rete autostradale: "Non è lo Stato che deve soldi ai Benetton, ma viceversa".

Ma il governo è diviso

Nelle interviste rilasciate a La Stampa e a Il Fatto Quotidiano, Conte ha accelerato verso la revoca: la sua sensazione è che Autostrade, alla luce dei vantaggi conseguiti nel tempo, "abbia scommesso sulla debolezza dei poteri pubblici nella tutela dei beni pubblici". Improvvisamente si sarebbe irrigidita "confidando nella caduta del mio primo governo", mentre con i giallorossi si sarebbe convinta di avere della carte da giocare e ha continuato a resistere, per poi orientarsi verso una soluzione transattiva: "La verità è che la varie proposte transattive fatte pervenire da Aspi non sono soddisfacenti". E infine ha lanciato una netta stoccata: "Hanno beneficiato di condizioni irragionevolmente favorevoli per loro: può bastare così".

Il capo della maggioranza giallorossa porterà in Consiglio dei ministri, probabilmente fissato per domani, una proposta di mediazione solo se "irrinunciabile". E potrebbe essere un Cdm di fuoco, visto che ogni componente del governo ha sposato una causa diversa: il Movimento 5 Stelle è assolutamente contrario alla proposta ("Revoca o fuori i Benetton"); il Partito democratico ritiene che la proposta presentata sabato soddisfi gran parte delle richieste poste dall'esecutivo e che ponga dunque buone basi; Italia Viva è invece entrata a gamba tesa contro la revoca. In mattinata Matteo Renzi non ha usato giri di parole: "I populisti chiedono da due anni la revoca della concessione. Facile da dire, difficile da fare. Perché se revochi senza titolo fai un regalo ai privati, ai Benetton, ai soci e apri un contenzioso miliardario che crea incertezza, blocco cantieri, licenziamenti".

Giuseppe Conte

Legge in Parlamento

Come riportato dall'Ansa, fonti di governo assicurano che una mediazione è ancora possibile. Si starebbe valutando anche l'ipotesi di un aumento di capitale che riduca il più possibile la presenza di Atlantia in Aspi, in modo da poter dire che i Benetton sono "fuori da Aspi". Nelle prossime ore, prima di riunire il Consiglio dei ministri, Conte potrebbe convocare un vertice di governo; c'è chi non esclude che possa slittare addirittura a mercoledì o giovedì. C'è comunque la volontà di chiudere.

Qualora si dovesse decidere definitivamente per la revoca, servirebbe una legge da portare in votazione in Parlamento; tuttavia si starebbe valutando un accordo in due fasi, dal via libera alla proposta dell'azienda al successivo aumento di capitale che ridimensionerebbe la presenza di Aspi.

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