Cronaca locale

Il caffè napoletano patrimonio dell’Unesco: la candidatura è ufficiale

Questa bevanda, in città, è molto di più di una tradizione gastronomica, rappresenta una filosofia di vita e ha radici molto lontane

Il caffè napoletano patrimonio dell’Unesco: la candidatura è ufficiale

Ne ha cantato le lodi anche il compianto cantautore napoletano Pino Daniele, nell’album d’esordio nel panorama musicale italiano “Terra mia”. La famosa “tazzulella di caffè” nella città partenopea è un rito irrinunciabile e, come già è successo per la pizza, sta per diventare patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco. È oramai ufficiale, dopo il via libera del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, la candidatura del caffè napoletano all’ambito riconoscimento. Migliaia le firme raccolte per sostenere la designazione al premio. La notizia è stata accolta con grande soddisfazione dai cittadini napoletani, che tengono in particolar modo alla loro quotidiana razione di caffè.

Al Gran Caffè Gambrinus, locale storico di Napoli, si è festeggiato. “Alla fine – ha dichiarato al Corriere del Mezzogiorno il titolare della caffetteria Massimiliano Rosati – il ministero, come aveva annunciato, ha presentato per l’Italia una candidatura unica per riunire le peculiarità del caffè espresso italiano e di quello napoletano fatto di aggregazione, cultura e socialità”. Questa bevanda, a Napoli, è molto di più di una tradizione gastronomica, rappresenta una filosofia di vita e ha radici molto lontane. Si tramanda, infatti, che il caffè sia giunto in città alla fine del 1700, introdotto da Maria Carolina D'Asburgo, la quale cancellò una diceria diffusa tra i napoletani, ossia che la bevanda, perché di colore nero, portasse sfortuna a chi la beveva.

Con l’arrivo a Napoli della regina, che sposò Ferdinando IV di Borbone, il caffè diventò un rituale, tramandato di generazione in generazione. Nella città partenopea questa bevanda assume un sapore esclusivo, inimitabile, anche se i motivi non sono ben chiari.

Alcuni dicono che dipende dall’acqua utilizzata nelle macchinette, altri che il segreto sta nella tostatura dei chicchi di caffè. Ma poco importa agli avventori, soprattutto stranieri, che giungono in città.

Il loro desiderio è assaggiare “la tazzulella di caffè” nei tanti locali che operano in città, una delizia per i palati più fini che, a breve, avrà anche la certificazione dell’Unesco.

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