Ci sono alcuni incontri che ti cambiano la vita. Per quanto mi riguarda, uno dei più importanti fu quello con Piero Angela. Avevo da poco compiuto 22 anni e con la baldanza e la faccia tosta di un laureando alla sua prima vera esperienza lavorativa, muovevo i miei passi incerti nell’ufficio stampa di una grande casa editrice fiorentina.
Patrizia, il mio capo di allora, mi affidò un incarico importante: la promozione con i media di un testo curioso, ma bellissimo; si intitolava Che Senso Ha? ed era un libro di scienza per ragazzi. Quando mi parlarono di “un libro di scienza da far conoscere alla stampa” nella mia mente apparvero due parole: Piero Angela. Dissi ad Ornella e ad Anna, le mie meravigliose mentori e compagne di stanza di allora, che avrei chiamato la redazione di Quark per provare a parlare con Piero Angela; loro mi guardarono con tenerezza e con fare maieutico (un po’ della serie: è giusto ognuno faccia i propri errori ed impari da essi) mi dissero: “oh vai, provaci.”

E così feci. 15 minuti dopo, per una serie di fortunate casualità, ero al telefono con Piero Angela e gli stavo raccontando perché quel libro fosse meraviglioso, e anche perché lo avrebbe dovuto recensire nella sua trasmissione. Lui si dimostrò subito piuttosto divertito dal fatto che un ragazzo di 20 anni o poco più lo chiamasse per una cosa del genere, ma con la gentilezza e l’intelligenza che lo contraddistinguevano, mi fece parlare fino all’ultimo e poi, semplicemente, disse: OK. La ringrazio, lo guarderò con attenzione. Buonasera. E io: Buonasera dottor Angela. Anna e Ornella mi guardarono sorridenti, non potevano credere lo avessi fatto davvero ed io ero felicissimo, anche solo per il fatto di aver parlato con quel signore che ogni settimana raccontava delle cose meravigliose a me e a mia mamma seduti sul divano. Passò qualche giorno e una mattina, arrivando in ufficio, trovai sulla scrivania un biglietto. Il presidente voleva parlarmi. Percorsi col cuore in gola i metri che separavano il mio ufficio dalla presidenza, mi chiedevo cosa avessi fatto di così grave dall’essere convocato a quell’ora.
Aprii la porta, il presidente mi accolse con un sorriso enorme e un contratto in mano. Fine dello stage, assunto. Chiesi timidamente il perché di quella decisione e di quell’anticipo di mesi rispetto al previsto e la risposta, in perfetto fiorentino fu: “un tu l’hai visto il Piero Angela ieri sera?”.

Viaggiavo in autobus fra Siena e Firenze tutte le mattine e dovendomi svegliare prima delle 6 andavo a letto presto, per cui no, non lo avevo visto. Mi dissero che “il Piero Angela” aveva recensito il libro con grandi parole di elogio e che era molto raro una cosa del genere avvenisse per un testo come quello. Insomma, lo avevo convinto e lui aveva mantenuto la promessa. Da lì ebbe inizio la mia carriera. Ho raccontato spesso a miei figli questa storia per diverse ragioni; prima fra tutte quella dell’importanza di impegnarsi e non farsi fermare dalle barriere, ma anche e soprattutto per far capire loro il valore della gentilezza, come quella che ebbe nei mei confronti Piero Angela.

Passano gli anni, molti, e una sera mi trovo a Milano ad un evento in cui io vengo premiato per il mio lavoro e Piero Angela viene premiato per i meriti della sua carriera. Non posso perdere l’occasione. Al primo momento in cui lo vedo un pochino libero attraverso la sala a grandi falcate, mi avvicino e gli dico “lei di certo non si ricorderà di me, ma se sono qui oggi lo devo in buona parte a lei. Anni fa, quando avevo 22 anni, le telefonai dall’ufficio stampa della casa editrice Giunti per raccontarle un libro di scienza per ragazzi e lei…” Mi guarda, mi sorride e fa: “Lei non è qui per me, ma per lei. Anzi, complimenti per il premio”. Ecco, questo era Piero Angela. Dottor Angela, la ricorderò sempre con immenso affetto. E comunque, grazie.

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