Un tesoro da oltre 160 milioni di euro. È il valore dei beni confiscati dalla Guardia di finanza e dei Carabinieri di Reggio Calabria e da personale della Dia e dello Scico, con il coordinamento della Dda di Reggio Calabria a Carmelo Ficara, imprenditore edile reggino, condannato in primo grado nel dicembre scorso a 12 anni di carcere per concorso esterno con la ‘ndrangheta al termine del processo “Monopoli” nato da un’inchiesta dei carabinieri coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia. Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio. Stando alle indagini preliminari dalla metà degli anni ’80 al 2017, Ficara avrebbe avviato e consolidato nel territorio il ruolo di imprenditore edile, facendo leva sul sostegno di storiche locali dapprima quella dei Latella e dal 2000 su quella dei De Stefano. Tra i beni confiscati ci sono sette imprese e società commerciali attive nel settore edile e immobiliare, 99 immobili e 16 veicoli. Ma anche le quote di partecipazione al capitale di due società attive nei settori edile e turistico, 234 tra terreni e fabbricati, beni mobili, nonché diverse disponibilità finanziarie.

In quell’indagine, il procuratore Giovanni Bombardieri e i pm Stefano Musolino e Walter Ignazitto hanno fatto luce su un presunto sistema di cointeressenze criminali coltivate da imprenditori reggini che, sfruttando l’appoggio di cosche cittadine, sarebbero riusciti ad accumulare, in modo del tutto illecito, enormi profitti prontamente riciclati in fiorenti e diversificate attività commerciali. Secondo la Dda, Ficara avrebbe stretto un “patto sinallagmatico” con la ‘ndrangheta e, in particolare, con la cosca De Stefano, grazie al quale, per i pm, l’imprenditore aveva allargato le sue attività economiche a carattere speculativo immobiliare, consentendo l’infiltrazione da parte della cosca. Nell’inchiesta “Martingala”, condotta dalla Dia e dal Gico, erano stati invece coinvolti diversi soggetti accusati, a vario titolo di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio e associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni, con l’aggravante, per alcuni di essi, del metodo mafioso.

Nei confronti di Ficara, sarebbero emersi indizi in ordine a reati tributari commessi, stando all’accusa, mediante un indebito risparmio d’imposta che avrebbe consentito all’imprenditore di produrre illeciti profitti da reinvestire anche nelle proprie attività aziendali. Gli accertamenti a carattere economico-patrimoniale nei confronti di Ficara hanno consentito di ricostruire le acquisizioni patrimoniali effettuate dall’imprenditore dal 1985 al 2017. Un valore che sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla sua capacità reddituale. Oltre al sequestro dei beni oggi confiscati, nell’ottobre 2019, su richiesta della Dda la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria aveva sottoposto per tre anni Carmelo Ficara alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

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