I social media sotto attacco in Turchia. Il parlamento turco ha approvato una nuova legge anti-social che conferisce maggiore potere al governo locale e richiede ai giganti del web l’istituzione di referenti locali che vigileranno sui contenuti e ne decideranno l’eventuale rimozione in base alle norme vigenti in Turchia. Una legge voluta dal partito del presidente Recep Tayyip Erdogan, l’Akp (Partito della Giustizia e dello Sviluppo”) e dal suo alleato, il nazionalista Mhp (Partito del Movimento Nazionalista), che insieme detengono la maggioranza.

Come riporta l’agenzia di stampa Anadolu, le piattaforme che in Turchia registrano oltre un milione di utenti giornalieri dovranno nominare un loro rappresentante legale nel Paese. Così d’ora in poi Facebook, Twitter o Youtube saranno chiamate a designare il loro rappresentante ufficiale, che dovrà essere un cittadino turco, altrimenti sono previste multe, divieti pubblicitari e riduzioni della larghezza di banda. Inoltre, la nuova legislazione richiede ai fornitori di social media di archiviare i dati degli utenti in Turchia, rendendo così più facile l’accesso anche ai magistrati in caso di indagini.

Le opposizioni denunciano che la legge limiterà ulteriormente la libertà di espressione in un Paese in cui i media sono già sotto stretto controllo del governo e diversi giornalisti sono in prigione. I gruppi per i diritti umani temono che un maggiore controllo di Ankara sui grandi network come Facebook e Twitter possa impedire l’accesso ad un’informazione indipendente o critica in un Paese in cui i principali media sono nelle mani dello Stato o di imprenditori vicini al governo. Dal canto suo la presidenza di Recep Tayyip Erdogan nega che la nuova legge porterà alla censura, sostenendo che sia solo mirata a stabilire maggiori legami commerciali e legali con le piattaforme. Parlando in Parlamento nel corso delle 16 ore di dibattito prima dell’approvazione, la deputata dell’Akp Rumeysa Kadak ha detto che la legge verrà usata per rimuovere post che contengano cyberbullismo e insulti contro le donne. Per l’opposizione, invece, si tratta solo di una ‘legge censura’, come l’ha rinominata.

Per Human Rights Watch la nuova legge è l’espressione di “un nuovo Medio Evo della censura online”, mentre per Amnesty International “rafforzerà le capacità del governo di censurare i contenuti e perseguire gli internauti. È l’ultimo e forse il più sfrontato attacco alla libera espressione in Turchia. I giornalisti passano già anni dietro le sbarre per le loro notizie critiche e gli utenti dei social media devono auto-censurarsi nel timore di offendere le autorità”, prosegue Amnesty, secondo cui la norma “viola i diritti umani e gli standard internazionali”. Andrew Gardner, ricercatore dell’ong sulla Turchia, aggiunge: “È una chiara violazione del diritto alla libertà di espressione online”.

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