“Questo processo dovrà concludersi con una declaratoria di prescrizione del reato, ma è una sconfitta della giustizia“. Con queste parole, del procuratore generale Mario Remus, potrebbe finire il procedimento per omicidio colposo a carico di cinque medici dell’ospedale Sandro Pertini per la morte di Stefano Cucchi. La procura generale ha infatti chiesto alla Corte d’Assise d’Appello la non procedibilità per prescrizione del reato. Il primario Aldo Fierro, e i dottori Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo erano imputati nel caso del giovane arrestato nell’ottobre 2009 per possesso di droga e deceduto una settimana dopo. Circa un mese fa, Francesco Tedesco, uno dei carabinieri che detenevano Cucchi, ha rivelato di aver assistito “al pestaggio” del ragazzo da parte dei colleghi.

Rispetto agli argomenti dei difensori dei medici, il procuratore generale non ha negato che Cucchi fosse “un paziente difficile sotto l’aspetto psicologico, ma non è vero che non collaborava. I suoi rifiuti erano rifiuti di protesta perché voleva parlare col suo avvocato. Ed erano rifiuti facilmente superabili”. Per Remus, “Stefano Cucchi era un paziente difficile che non è stato trattato per come doveva essere trattato. Un tocco di umanità, questo sarebbe bastato per farlo bere un po’ di più, per farlo mangiare un po’ di più, per salvarlo. Credo che questo paziente non sia stato ascoltato dal punto di vista sanitario e dal punto di vista psicologico”.

Il procuratore, nel corso della requisitoria ha definito “molto ben fatta” la perizia depositata e ha detto che gli esperti “sono stati bravi a far luce sulla vicenda in modo equilibrato. Sottoscrivo in toto quanto scritto da loro”. Nella dichiarazione finale, ha dichiarato poi che Cucchi sarebbe stato idratato troppo poco, e il fatto che nei rapporti medici e infermieristici non sia stato indicato quanti litri bevesse è indice “di una trascuratezza inammissibile” e della “sciatteria che imperversava in quell’ambiente”.

Un processo, quello che si avvia a conclusione, che “evidentemente è iniziato male – ha dichiarato Remus  – con imputazioni traballanti e con una perizia in primo grado che arriva a valutare i fatti in maniera evidentemente erronea”. La vicenda processuale che ha portato alla richiesta di non procedibilità è piuttosto tortuosa. Inizialmente portati a processo per l’accusa di abbandono d’incapace, i medici furono condannati in primo grado nel giugno 2013 per omicidio colposo a pene comprese tra i due anni di reclusione e un anno e quattro mesi. Furono poi tutti assolti in Appello. Intervenne la Cassazione ordinando un nuovo processo e i nuovi giudici confermarono l’assoluzione. Poi, nuovo intervento della Cassazione e nuovo rinvio per un altro processo per il quale è stata fissata il prossimo 3 luglio l’udienza di discussione delle difese.

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