È legittimo l’assorbimento del Corpo dei forestali nell’Arma dei carabinieri, previsto dalla riforma Madia del 2016 con l’obiettivo di dare maggiore efficienza al servizio e nello stesso tempo contenere le spese. Lo ha stabilito la Corte costituzionale che ha dichiarato non fondate le questioni di costituzionalità sollevate dai Tribunali amministrativi di Abruzzo, Veneto e Molise che in particolare avevano messo in discussione la “militarizzazione forzata”, derivata dal passaggio all’Arma, per il personale della Forestale che dalla nascita della Repubblica
e sino alla riforma era stata una “polizia civile”.

La Corte ha ritenuto che sia la legge delega sia il decreto delegato non presentano vizi di costituzionalità in quanto le relative scelte sono “il frutto di un bilanciamento non irragionevole tra le esigenze di riorganizzazione dei servizi di tutela forestale e quelle di salvaguardia delle posizioni del personale forestale”. Una tesi analoga a quella sostenuta nell’udienza pubblica davanti alla Consulta dall’Avvocatura dello Stato che, in rappresentanza della presidenza del Consiglio dei ministri, aveva chiesto di rigettare le questioni sollevate dai Tar perché nella riforma sono stati correttamente bilanciati tutti gli interessi costituzionali in gioco, compresa la tutela del lavoro. Ai tre tribunali si erano rivolti alcuni appartenenti al Corpo Forestale che volevano restare nel comparto sicurezza, ma non diventare militari, e dunque assumere uno status che avrebbe avuto anche conseguenze sui loro diritti civili: perché un militare non può, per esempio, scioperare e subisce una compressione della libertà di associazione e di esercizio dell’attività politica. Concetti su cui hanno insistito davanti alla Corte costituzionale gli avvocati Egidio Lizza, Vittorio Angiolini e Emanuela Mazzola.

Per gli appartenenti alla Forestale “non c’è stata una vera libertà di scelta”, hanno sostenuto: troppo pochi i posti disponibili nelle altre
amministrazioni (600, meno del 10% del personale), con il rischio di finire, in caso di non accettazione della domanda, in mobilità.
“L’articolo 97 della Costituzione impone allo Stato di organizzare la pubblica amministrazione in modo di assicurane il buon andamento. E la confluenza della Forestale nei carabinieri realizza questo principio” hanno replicato gli avvocati dello Stato Leonello Mariani e Gesualdo D’Elia, che hanno parlato di una “buona riforma” e spiegato che la scelta è ricaduta sull’Arma perché ha funzioni e distribuzione territoriale più simili a quelle della Forestale. I diritti dei lavoratori, secondo la loro tesi, non sono stati compressi: “La militarizzazione poteva essere evitata chiedendo il transito nelle altre amministrazioni” e comunque “diritto al lavoro non significa diritto alla conservazione di un determinato posto di lavoro”, altrimenti sarebbe impossibile procedere a qualsiasi riorganizzazione. La riforma varata nel 2015 e seguita dai decreti attuativi del 2016 aveva suscitato da subito critiche e polemiche. L’udienza in Corte costituzionale avrebbe dovuto svolgersi già nei mesi scorsi, ma è slittata perché ad una prima azione volta a impugnare la norma se ne sono aggiunte altre due e la Consulta ha preferito riunirle tutte per discuterle insieme.

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