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Politica

"Berlusconi condannato a priori". Un audio del giudice Franco riapre il caso Mediaset

ANSA
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"Riabilitate Silvio. Vogliamo commissione d'inchiesta". Fi espone striscioni pro-Berlusconi, seduta sospesa

Il caso Mediaset è chiuso, anzi no. A sette anni dalla sentenza con cui la Cassazione condannò Silvio Berlusconi per frode fiscale - che costò all’ex premier l’interdizione dai pubblici uffici e, quindi, l’addio alla carica di senatore in base alla legge Severino - spunta un audio che riporta tutti, politica e opinione pubblica, a quei giorni torridi del 2013. Infuocati, non solo per il caldo che faceva a Roma il primo giorno di agosto, ma per tutte le implicazioni che la decisione della Suprema corte avrebbe avuto.

Nella registrazione, il cui contenuto è stato riportato dal Riformista, si sente parlare un magistrato. Non una toga qualunque, ma Amedeo Franco, relatore della sentenza. Parlando con Silvio Berlusconi e altre persone dice che quel processo fu “un plotone d’esecuzione”. Singolare che a pensarlo fosse chi la sentenza che arrivò a alla fine del procedimento. Franco non potrà fornire dettagli ulteriori, perché è morto lo scorso anno.

Durante quell’incontro, però, diceva: “Berlusconi deve essere condannato a priori perché è un mascalzone! Questa è la realtà... A mio parere è stato trattato ingiustamente e ha subito una grave ingiustizia... L’impressione è che tutta questa vicenda sia stata guidata dall’alto”. Parole che pesano, ma di cui nessuno potrà chiedergli conto.

La bomba, intanto, è esplosa. Da Forza Italia più voci ricordano di aver sempre considerato quella sentenza politica e chiedono, oltre a una commissione d’inchiesta sul caso, di conferire a Berlusconi la carica di senatore a vita. A ristoro, è  il loro pensiero, del torto (ingiustamente?) subito. Renzi, dal canto suo, invita a non far finta di nulla. 

Interviene nel merito anche Franco Coppi, storico avvocato del Cavaliere, “Sono sempre stato sorpreso da quella sentenza”. Le ragioni: “Una decisione che andava contro la giurisprudenza che quella sezione della Corte di Cassazione aveva ed ha sempre applicato e che era in favore della tesi di Berlusconi”. Poi, però, il professore ricorda: “Non va sottovalutato che in calce a quella decisione c’era la firma di tutti i giudici”. Nessuno escluso.

ll presidente di sezione del tempo, Antonio Esposito, respinge ogni accusa: “Non ho mai,  in alcun modo, subito pressioni né dall’alto né da qualsiasi altra direzione”, afferma spiegando di non avere ricevuto “pressioni dalla Procura della Repubblica di Milano (cui si allude negli audio, ndr) con la quale non ho mai avuto contatti”. In risposta alle parole di Coppi, Esposito dice: “Non è assolutamente vero che la III sezione avesse adottato in casi analoghi a quello del Berlusconi decisioni di segno diverso da quello adottato dalla sezione feriale. E’ vero esattamente il contrario tant’è che i precedenti della sezione vengono riportati in motivazione, e a sostegno di essa e tra essi è riportato anche quello della sentenza, sempre della III sezione, che rigettava il ricorso di Frank Agrama e che riguardava la medesima imputazione”.

 

Arriva che è quasi sera la nota dal Palazzaccio: il processo in Cassazione a Silvio Berlusconi - conclusosi con la perdita del seggio da senatore - si è svolto “nel pieno rispetto del giudice naturale precostituito per legge”. C’era l’imminente scadenza della prescrizione, aggiunge la nota, e il fascicolo venne assegnato a un collegio “già costituito in data anteriore all’arrivo” degli atti. Franco, dicono gli ermellini,  non manifestò  mai il dissenso.

Antonio Esposito per il caso Mediaset finì davanti al Csm. Gli si ‘imputava’ di aver rilasciato al Mattino un’intervista in un momento poco opportuno. Subito dopo la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale, ma prima del deposito delle motivazioni. Nel 2015 il plenum di Palazzo dei Marescialli archiviò il caso. 

Solo pochi mesi fa, intanto, un altro giudice era tornato sul caso. Stiamo parlando della pronuncia del tribunale civile di Milano, al quale Mediaset si si era rivolta per una richiesta di risarcimento. Riguardando le carte, il magistrato - che naturalmente non ha il potere di mettere in discussione il verdetto della Cassazione - ha sostenuto di non aver rilevato fatture gonfiate, o interposizioni fittizie. 

Il caso Mediaset, è bene ricordarlo, pende ancora a Strasburgo, alla Corte europea dei diritti dell’Uomo. E Coppi annuncia: “Invieremo gli audio e speriamo, a questo punto, che i giudici fissino una udienza. I giudici potrebbero non annullare la sentenza ma individuare eventuali lesioni al diritto di difesa o offrire elementi per un’eventuale revisione del processo”.

Chi pensava che la vicenda di cui tanto parlò l’Italia intera fosse ormai sepolta nelle pieghe del passato dovrà, comunque finisca la storia, ricredersi. 

 

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