Scegli di capire.

Gedi Smile Abbonati
Inserti
Ancora su HuffPost
Guest
Tutte le sezioni

GEDI Digital S.r.l. - Via Ernesto Lugaro 15, 10126 Torino - Partita IVA 06979891006

Politica

Battuta di caccia estiva ai furbetti del bonus

ANSA
ANSA 

La vicenda è iconica della sfiducia di cui gode l’attuale classe politica, ma è prima di tutto la più sintetica spiegazione ex post del perché ci si ritroverà a votare di qui a poco un referendum per il taglio di 345 parlamentari senza aver opportunamente approvato contrappesi costituzionali e correttivi elettorali. Come ha svelato Repubblica, l’Inps si è accorta che ben cinque deputati (tre della Lega, un grillino e un renziano) hanno usufruito del Bonus per le partite Iva da 600 euro, poi elevato a mille dal Decreto Rilancio. Non sono gli unici: anche duemila eletti in Consigli regionali e comunali hanno chiesto e ottenuto soldi destinati a chi ha perso il suo reddito a causa del covid e del successivo lockdown, pur non avendone bisogno perché già percepivano un reddito dallo Stato ma con l’aggravante di esserne dei rappresentanti. L’indignazione e le polemiche sono perciò esplose: in tutti i partiti politici è iniziata la caccia ai colpevoli, con slogan come “fuori i nomi”, “dimissioni immediate”, “i furbetti si facciano avanti”. La condanna è unanime: arriva dai leader fino ai peones di ogni corrente di maggioranza e opposizione, dal presidente della Camera Roberto Fico e da diversi ministri.

In realtà non si tratta di “furbetti” in senso stretto. Chi ha ottenuto il bonus, pur essendo parlamentare, è una partita Iva e ha quindi chiesto accesso alla misura in virtù di requisiti che possedeva. Non si tratta di professionisti iscritti alla previdenza obbligatoria ma di lavoratori autonomi o co.co.co iscritti a gestione separata o Ago.

Le condizioni per accedere alla misura di sostegno al reddito erano praticamente di facciata. Per avere il bonus bastava il numero della partita Iva, il codice fiscale, la scelta della propria posizione ‘professionale’ e fiscale. Nessuna mail di conferma, i solidi arrivavano direttamente sul conto corrente. E la procedura andava fatta solo a marzo. Ad aprile il bonus scattava in automatico. A maggio invece è stato introdotto un tetto: destinato solo per chi poteva dimostrare di aver avuto un calo del fatturato. Così, tra marzo e aprile sono stati erogati quasi 6 miliardi di euro. Il mese dopo si è scesi a 934 milioni.

Per il Governo le condizioni d’accesso blande servivano a evitare controlli e impicci burocratici che rallentassero l’efficacia della misura nella fase più acuta dell’epidemia, subito dopo il lockdown. Non solo serviva che i soldi arrivassero, ma pure che arrivassero in fretta. Tuttavia era abbastanza ovvio che, senza paletti, tutti - anche imprenditori e commercianti senza cali di fatturato - ne facessero richiesta. Non si tratta perciò di frode, come nel caso delle migliaia di aziende che hanno ottenuto la cassa integrazione Covid senza averne diritto o come chi prova a ottenere il reddito di cittadinanza senza averne bisogno.  La questione è puramente etica.

La battuta di caccia è quindi partita alla ricerca dei cinque reprobi di un Parlamento che si è scoperto censore dei propri costumi, a poche settimane dal tanto atteso referendum costituzionale del 20 settembre che dovrà decidere il taglio di 345 parlamentari. La sforbiciata alle poltrone è controversa: da un lato rappresenta una battaglia politica sacrosanta per il partito primo azionista del Governo, il Movimento 5 Stelle; dall’altro, però, viene fortemente contestata non solo dagli alleati di maggioranza (che però in parte l’hanno votata) ma pure da diverse personalità, costituzionalisti in primis, che ne hanno sottolineato rischi e conseguenze. In particolar modo per il diritto alla rappresentanza, soprattutto in assenza di alcuni correttivi che arriveranno - se arriveranno - soltanto dopo il voto popolare e in virtù di accordi politici che valgono oggi, domani chissà. Su questo fronte, il premier Conte - che in serata ha annunciato il voto a favore della riduzione degli eletti - ha anche assicurato il suo appoggio alla “proposta proporzionale concordata dalla maggioranza. Io mi auguro che continui il dialogo, anche perchè quella riforma, come detto da alcune forze, si collega alla riforma costituzionale e si pone un tema di rappresentanza politica”. 

La vicenda dei cinque deputati, più straccioni che furbetti, si inserisce perciò nella discussione pubblica sul taglio dei parlamentari. C’è chi la legge come un
motivo in più per votare sì alla riforma e mandarne a casa un terzo. Altri invece puntano il dito contro il Governo, reo di aver permesso agli eletti di poter profittare dei soldi destinati ai più bisognosi, prestando così il fianco al populismo. Tuttavia, l’aspetto più eloquente della faccenda è dato dalla foga e dalla veemenza con le quali il Parlamento si è lanciato nel condannare alcuni sui inquilini, nei toni perentori usati prendendone le distanze: prova che lo tsunami della sfiducia, quando arriva, travolge tutti senza fare eccezioni o distinguo. I parlamentari ne sono consapevoli e ne hanno paura: “Per colpa di qualcuno rischiamo di rimetterci tutti”, ha detto un deputato. Del resto, se così non fosse, non ci sarebbe un referendum costituzionale da votare tra un mesetto circa. 

I commenti dei lettori
Suggerisci una correzione