18 gennaio 2020 - 22:47

Morto Anastasi, dal tumore alla Sla: «Papà ha chiesto la sedazione»

«Lo ha saputo solo tre mesi fa. Da allora la cosa è precipitata, ma a quel punto lui ha detto basta, rifiutando l’accanimento terapeutico»

di Paolo Tomaselli

Morto Anastasi, dal tumore alla Sla: «Papà ha chiesto la sedazione»
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«Papà aveva la Sla, che gli era stata diagnosticata tre anni fa dopo essere stato operato di un tumore all’intestino. Gli ultimi mesi sono stati davvero devastanti e lui giovedì sera quando era ricoverato all’ ospedale di Circolo di Varese ha chiesto la sedazione assistita per poter morire serenamente». Così Gianluca Anastasi ricorda la scomparsa del padre Pietro, avvenuta venerdì a 71 anni, confermando che è stata dovuta anche alla sclerosi laterale amiotrofica.

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Pietro Anastasi

«Ha scelto lui giovedì sera di andarsene. Ha chiamato mia mamma e ci ha detto di volere subito la sedazione. Tutto era cominciato tre anni fa con dei dolori al braccio e alla gamba. Abbiamo fatto altri esami ed è emerso che aveva un tumore all’intestino, anche se persisteva il problema neurologico alle gambe. Dopo l’operazione per asportare il tumore e altri approfondimenti medici è venuto fuori che era Sla. Papà lo ha saputo solo tre mesi fa. Da allora la cosa è precipitata, ma a quel punto lui ha detto basta, rifiutando l’accanimento terapeutico. E giovedì sera si è addormentato per sempre».

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La dea fortuna

Lunedì alle 10 sarà aperta una camera ardente all’interno della sala comunale Estense di Varese, domani si svolgeranno i funerali nella basilica di San Vittore. Anastasi ha contribuito a far accendere le fiaccole all’Olimpico, nella notte magica del 10 giugno 1968, con il primo gol alla Jugoslavia nella finale-bis dell’Europeo vinta dagli azzurri (di Riva il 2-0), ma ieri a Roma prima di Lazio-Samp non è stato ricordato e oggi solo Juventus e Inter, le due squadre di serie A in cui ha giocato, lo onoreranno con un minuto di silenzio e il lutto al braccio: con il lutto giocherà anche l’Italia a Wembley il 27 marzo. A Torino l’omaggio sarà toccante, perché Anastasi è stato un idolo e un simbolo della Juve, con la quale ha giocato 8 stagioni dal ’68 al ’76 vincendo 3 scudetti (all’Inter nel ’78 vinse la Coppa Italia). Ragazzo di Catania cresciuto in una famiglia operaia, con i suoi gol e il suo stile di gioco generoso ha contribuito all’integrazione dei tanti lavoratori emigrati al Nord in cerca di fortuna come lui. «Quando Anastasi segna, Agnelli diventa un santo» è il titolo di un reportage fra i lavoratori torinesi pubblicato dal Corriere della Sera del 2 marzo 1973. Il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina ricorda Petruzzu: «Salutiamo una leggenda del calcio italiano, un giocatore straordinario, ma soprattutto una persona stimata e apprezzata da tutti. I suoi valori morali e tecnici siano viva testimonianza per le future generazioni». Ricordarlo in tutti gli stadi sarebbe stato certamente d’aiuto.

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