15 marzo 2019 - 22:30

Svezia, pochi soldi e tante divisioni: così l’Italia spera per i Giochi 2026

Stoccolma punta su impianti pronti, ambiente e trasparenza, ma durante l’incontro col Cio allontana i giornalisti. Malagò: «Non sottovalutiamoli»

di Francesco Battistini

Prove generali Il podio dello slalom parallelo femminile nel city event della Coppa del mondo di sci di Stoccolma: la capitale della Svezia è in gara per ospitare i Giochi invernali 2026 con Milano-Cortina (Afp)
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Hanno imparato in fretta a fare gli italiani. E mica per le vecchie storie del biscotto, perché ci han buttato fuori dal Mondiale o perché un loro ex ministro è stato cacciato dal Comitato olimpico causa (si dice) molestie sessuali. Macché. Nell’asettica sala 4 d’un anonimo centro uffici, davanti al Cio venuto per valutare la candidatura ai Giochi invernali in concorrenza con Milano, nel giorno delle osservazioni gli svedesi diventano diffidenti, a un certo punto fanno uscire gli indiscreti giornalisti e sull’operazione olimpica si presentano politicamente divisi, quasi peggio di Lega e M5s.

Da una parte c’è l’entusiasmo degli organizzatori di Stoccolma 2026, che sanno dove colpire la reputazione italiana e calano le carte dell’aria e dell’acqua pulite, della trasparenza finanziaria, degli impianti bell’e pronti, della tolleranza e dell’accoglienza, oltre al fatto che questo popolo appassionato di sci non ha mai avuto un’Olimpiade bianca. Dall’altra, c’è l’assenza di big (per Milano, s’è mosso perfino Mattarella) con la ministra dello Sport, l’ambientalista Amanda Lind, venuta a dire solo «stiamo preparando la nostra decisione» e con la sindaca della capitale Anna King Jerlmyr, nettamente contraria, che evita d’andare oltre parole cortesi. Il governo di minoranza appena insediato, i deboli socialdemocratici sostenuti dai verdi, non vuole metterci troppi soldi: poco più di quel che Di Maio ha dato a Torino per le finali Atp di tennis. La sindaca di centrodestra, fino a qualche giorno fa, non voleva nemmeno fornire gli impianti.

Gli svedesi non s’arrendono, ma non s’accendono. Temono voragini finanziarie. Tengono basso profilo. Fanno i conti con una piazza che a poche centinaia di metri, nelle stesse ore, si scalda ben di più per l’ambientalismo globale della piccola Greta Thunberg. «Attenti però a non sottovalutare Stoccolma», avverte Giovanni Malagò, presidente del Coni: a Losanna, in giugno, ci si gioca la candidatura «sui centimetri e sui singoli voti».

Le Tre Corone hanno dalla loro l’ecosostenibilità del progetto, i delegati anglosassoni, un certo lobbismo di sangue blu — discretamente esercitato dalla monarchia sui nobili che siedono nel Cio —, il supporto di colossi come Ericsson. E infine quel che il sindaco di Milano, Beppe Sala, chiama «l’isolamento politico italiano che rischia di trasformarsi in un autogol».

Sul libro nero, assieme ai pochi soldi e alle divisioni politiche, il Cio ha annotato i punti deboli svedesi: un’area troppo vasta (con un’appendice pure in Lettonia) e bellezze poco paragonabili all’Italia. E poi un freddo cane: ad Aare, in febbraio si scende anche a 30 sottozero. Tanto da far mormorare Mikaela Shiffrin, la regina dello sci alpino: dura, gareggiare qui…

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