25 aprile 2020 - 07:18

Al Pacino compie 80 anni: il re di Hollywood che non ama invecchiare

Al grande attore non va molto a genio il tempo che passa , ma ama ricordare invece gli inizi difficili e il rapporto contrastato con la fama ( e con le donne)

di Francesca Scorcucchi

Al Pacino compie 80 anni: il re di Hollywood che non ama invecchiare
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1 «La più accurata descrizione di me stesso è questa: io sono un sopravvissuto». Così, qualche anno fa, Al Pacino si descriveva, durante un’intervista televisiva americana. Spiegava che quel termine glielo aveva suggerito Lee Strasberg, durante una festa a cui partecipava il gotha di Hollywood, Liz Taylor, James Cagney. Sono tutti sopravvissuti, gli aveva detto il suo mentore. Il 25 aprile Al Pacino compie ottant’anni, di cui più di cinquanta passati a recitare.

Non ama gli adulatori

Ci vuole talento e una buona dose di fortuna a sopravvivere così a lungo a Hollywood e Al Pacino, quelle ottanta primavere, se le porta addosso tutte, senza sconti. Bello non è mai stato ma ora i capelli, che tinge, si sono fatti più radi, le rughe più profonde, gli occhi hanno perso parte della loro peculiare vitalità. Lui lo sa e s’infastidisce di fronte alle adulazioni che arrivano spesso, non richieste. A chi gli dice che sta invecchiando bene risponde con la battuta di uno dei suoi personaggi più famosi, Michael Corleone, de Il Padrino: «E’ un insulto alla mia intelligenza e la cosa mi disturba molto». Ama invece ricordare gli inizi, che per lui partono proprio dalla produzione de Il Padrino. Era il 1972 e iniziava per il cinema americano un decennio di grande fervore. Quel film e il regista Francis Ford Coppola, gli cambiarono la vita: «Ero un attore semisconosciuto, divenni una star. Il successo arrivò in un attimo, eppure facevo questo mestiere ormai da tempo».

Primi anni difficili

I primi anni della carriera di Al Pacino furono a New York e difficili, si adattò a fare di tutto, compresa la maschera. «Mi licenziarono perché mi sorpresero a guardami allo specchio mentre scendevo le scale del teatro. Poi conobbi Coppola, un anno prima de Il Padrino. Voleva girare un film, era una storia d’amore e mi voleva nel ruolo del protagonista. Eravamo entrambi dei ragazzi, sognatori, sconosciuti. Il film non si fece ed io tornai a New York. L’anno dopo mi chiamò per Il Padrino». Poi vennero Serpico, Quel pomeriggio di un giorno da cani, Scarface, Carlito’s way e Scent of Woman, remake del successo italiano Profumo di Donna, che gli valse l’Oscar. Una sola statuetta ottenuta in carriera, nonostante nove nomination, l’ultima lo scorso febbraio, per The Irishman di Martin Scorsese. E’ però uno dei pochi attori a Hollywood ad aver vinto la Triple Crown: un Tony Award per il teatro, un Emmy per la serie tv Angels in America e l’Oscar, appunto, per l’interpretazione del tenente colonnello Frank Slade, affetto da cecità e innamorato delle donne.

Il rapporto contrastato con le donne

Al Pacino invece con l’altra metà del cielo ha avuto sempre un rapporto contrastato. Padre di tre figli, Julie, 30 anni, nata dalla relazione con Jan Tarrant, e i due gemelli Anton e Olivia avuti nel 2001 dall’attrice Beverly D’Angelo, l’attore non si è mai sposato: «Non so come mai, non è capitato. Magari lo farò un giorno». Intanto però è appena stato scaricato. Dall’attrice israeliana Metail Dohan, 39 anni, che con nessuna eleganza ha spiegato alla stampa le sue ragioni: «La differenza di età si fa sentire, ho provato a negarmelo ma devo essere onesta, lui ormai è un uomo anziano». Pacino da gran signore non ha risposto ed è passato oltre. Ancora una volta si è buttato sul lavoro.

The Hunters

Ora è protagonista della serie di Amazon Prime Video The Hunters che racconta di un gruppo di ebrei impegnati nella difficile arte della vendetta. «Alla pensione non ci penso, sono stato lontano dal set per qualche anno e mi è bastato». Si riferisce a quando, negli anni Ottanta decise di prendersi una pausa. «Ero consumato e stanco e mi piaceva l’idea di tornare all’anonimato. Facevo teatro ma dopo un po’ ripresi a recitare a Hollywood perché non avevo più soldi e il mio stile di vita era piuttosto costoso. Ripresi anche perché venni fermato da un uomo, al Central Park a New York, che mi disse: cosa ti è capitato? Dai torna. Capii allora che il cinema mancava anche a me».

Venticinque anni di terapia

Il rapporto con la fama gli è costato venticinque anni di terapia: «Cinque volte la settimana per un quarto di secolo. Iniziai proprio dopo Il Padrino. Non ero pronto a gestire la fama. Era diverso allora rispetto a oggi. Ora tutti vogliono essere famosi, è quello forse il principale motivo che spinge tanti giovani verso il cinema e la televisione, ma allora per me fu una vera sorpresa. Cosa mi dispiace è che né mia madre né i miei nonni mi hanno visto sfondare. Mia madre morì quando avevo 22 anni, mio padre non l’ho quasi conosciuto». Nato a Harlem e vissuto nella periferia sud del Bronx, Pacino ha origini siciliane.«I miei vengono da un paese che si chiama Corleone. Ho sempre pensato che si sia trattato di un segno».

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