1 marzo 2021 - 12:48

Variante inglese, Galli: «Infetta di più Il metro e mezzo forse non basta»

Il nuovo ceppo del virus ha una capacità di trasmissione elevata (+ 40%), ma non sembra provocare una malattia più grave, nemmeno nei bambini e ragazzi

di Laura Cuppini

Variante inglese, Galli: «Infetta di più Il metro e mezzo forse non basta» (Ansa)
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La variante «inglese» ha una capacità di trasmissione più elevata rispetto al virus originario e la distanza interpersonale di un metro e mezzo potrebbe non bastare. Lo ha detto Massimo Galli, primario dell’Unità di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano. «Una velocità di trasmissione maggiore del 37 o del 40% vuol dire che probabilmente il virus va anche più lontano del solito metro e mezzo e infetta più efficacemente anche bambini e ragazzi. Per fortuna non sembra più capace di uccidere — ha spiegato l’infettivologo intervenendo ad Agorà su Raitre —. Una concentrazione anche inferiore delle famose goccioline riesce ad arrivare qualche centimetro piu in là e a infettare per la maggiore affinità di questa variante nei confronti dei nostri recettori cellulari. Sono ipotesi che hanno una logica e che ci spaventano in modo particolare, soprattutto perché la variante Gb è destinata a diventare presto prevalente in Italia, se non lo è già». Tra l’altro si sospetta che la variante B.1.1.7 possa causare infezioni di durata maggiore rispetto a quanto visto finora. E, secondo dati provenienti dalla Gran Bretagna, potrebbe essere più letale.

Maggior carica virale

«La media dell’età dei pazienti che abbiamo è un po’ più bassa rispetto al solito — ha aggiunto Galli —. Come sempre si infettano prima i giovani e i bambini, poi il virus arriva alle persone di mezza età e infine agli anziani. Ed ecco che di nuovo avremo un quantitativo importante di fragili a rischio, se non riusciremo a completare in tempi brevi e con efficacia la campagna vaccinale». Probabilmente, ma non è ancora certo, la maggior trasmissibilità potrebbe essere legata alla maggior quantità di carica virale che le persone contagiate con la variante inglese esprimono. Lo conferma anche uno studio pubblicato su Lancet Infectious Diseases: è la carica virale più dei sintomi a essere il motore principale del contagio di Sars-CoV-2, tanto che un asintomatico con la stessa carica virale di un sintomatico ha identica capacità di infettare.

Pazienti più giovani

Nella conferenza stampa di venerdì anche Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione al Ministero della Salute, ha fatto il punto sul diffondersi delle varianti (non solo inglese, anche le più preoccupanti sudafricana e brasiliana): «Abbiamo regioni in cui vediamo focolai che rappresentano motivi di preoccupazione, perché molti di questi sono dovuti alla circolazione di varianti che corrono di più. Dobbiamo tenere molto alta la guardia e intervenire, dove serve, tempestivamente e anche duramente. Quindi direi che la strategia è: contieni e vaccina. Dobbiamo mitigare l’andamento per esempio della variante inglese: sappiamo che diventerà dominante nel giro di pochissimo tempo, ma sappiamo che possiamo contrastarla con il vaccino e con un’opera costante di mitigazione: su questo dobbiamo essere molto attenti e pronti».

No forme gravi nei bambini

I bambini vengono infettati di più dalla variante inglese, ma esattamente come tutte le altre fasce di età (la variante non colpisce quindi in modo particolare i piccoli). Inoltre un gruppo di esperti del King’s College Hospital di Londra, in un intervento pubblicato su The Lancet Child and Adolescent Health, sottolinea: «Non abbiamo trovato prove di malattie più gravi nei bambini e nei giovani durante la seconda ondata». I dati raccolti, che risultano in linea con quelli nazionali, suggeriscono che l’infezione con la variante B.1.1.7 «non si traduce in un decorso clinico sensibilmente diverso» rispetto a quello causato dal ceppo originario. Sviluppare Covid con forme respiratorie acute gravi, scrivono gli esperti, «rimane un evento raro nei bambini e nei giovani».

La sfida dei vaccini

In questo scenario la sfida per le case farmaceutiche è attrezzarsi velocemente contro le varianti di Sars-CoV-2. L’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha emanato linee guida per velocizzare l’iter dei “nuovi” vaccini. Rispetto alla variante inglese, al momento la più diffusa, i vaccini in uso sembrano efficaci. Maggiori timori si hanno invece per le varianti brasiliana e sudafricana. Un primo risultato in tal senso arriva dall’americana Moderna, che ha annunciato di aver consegnato dosi di un candidato vaccino specifico contro la variante sudafricana ai National Institutes of Health statunitensi: presto sarà avviato lo studio clinico. Pfizer e BioNTech valutano se aggiungere una terza dose e stanno studiando una nuova versione del vaccino contro la variante sudafricana. Anche AstraZeneca ha avviato ricerche per la produzione di un vaccino tarato in modo più specifico sulle varianti, che dovrebbe essere pronto in autunno.

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