Incendi in Sicilia, dal governo no allo stato di emergenza. Schifani: «Non è lo Stato in cui mi riconosco»

di Salvo Fallica

Scontro tra il governo (di centrodestra) della Regione Sicilia e il governo, dopo che il dipartimento della Protezione Civile ha comunicato di non voler riconoscere lo stato di emergenza alla Sicilia per gli incendi della scorsa estate

Incendi in Sicilia, dal governo no allo stato di emergenza. Schifani: «Non è lo Stato in cui mi riconosco»

Un caso senza precedenti scuote Palermo e Roma: e il sisma politico è tutto interno al centrodestra.

Tutti hanno ancora in mente le immagini degli incendi che hanno devastato molti territori siciliani tra luglio ed agosto 2023 (cui se ne sono aggiunti altri, fino al mese di ottobre). Il Dipartimento nazionale della Protezione Civile non intende però riconoscere lo stato emergenza alla Sicilia.

C’è una divergenza di vedute e di analisi tra i vertici della Protezione civile nazionale e quelli regionali. La Protezione civile regionale ha spiegato che alla Sicilia servono almeno 150 milioni di euro per far fronte ai danni causati dai vasti roghi. Servono risorse per gli immobili, per reti idriche ed elettriche (i casi dei drammatici black out di luglio a Catania ed in altri luoghi dell’Isola), e pure per quelle telefoniche. E ancora: servono fondi per le aziende che hanno visto andare in fumo mezzi di produzione e strutture, risorse ingenti per i boschi distrutti e per i campi. Senza contare che la stagione dei roghi ha causato la morte di 6 persone nell’isola.

Di fronte al no del governo, il presidente della Regione Renato Schifani (ex presidente del Senato ed esponente di primo piano di FI) ha espresso parole durissime: «Uno Stato che nega ai cittadini il risarcimento di un danno di pubblico dominio, subito per colpe o eventi altrui, e lo fa sulla base di cavilli procedurali non applicati prima, non è lo Stato in cui mi riconosco. Uno Stato che viene meno al principio della leale collaborazione dei suoi vari livelli, così come previsto dall’articolo 120 della Costituzione, non è lo Stato in cui mi riconosco». «Contrasteremo - aggiunge Schifani - questo ingiusto provvedimento in ogni sede amministrativa, giudiziaria, istituzionale e politica. Ma assicuro i siciliani danneggiati dagli incendi estivi che se lo Stato centrale li vorrà abbandonare, non lo farà la Regione da me guidata, perché la tutela della collettività di un popolo e la sua tenuta sociale costituiscono un principio sacro e irrinunciabile. Mi accingo a convocare per la giornata di domani una seduta straordinaria della giunta di governo per le determinazioni del caso».

Il ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci (ex presidente della Regione Sicilia ed esponente di FdI) dinanzi al divampare della polemica è intervenuto mostrando una volontà di mediazione: «Ho convocato per mercoledì a Roma i direttori dei dipartimenti della Protezione civile nazionale e regionale per un riesame della pratica relativa agli incendi estivi in Sicilia, nel tentativo di trovare una possibile soluzione. I due direttori, Fabrizio Curcio e Salvo Cocina, già da agosto si confrontano sul tema, ma senza trovare una intesa - mi riferiscono gli uffici romani - per carenza di documentazione da parte della Regione. Diverso invece il discorso sulle altre calamità: solo nel 2023, infatti, all’Isola sono state destinate da Roma risorse per circa 94 milioni di euro. Il difetto sta nella relativa norma del Codice di Protezione civile, che va rivista, assieme ad altri adeguamenti. Ci stiamo lavorando e presto la cambieremo».

«Non condividiamo e troviamo ingiustificato il rigetto della richiesta dello stato di emergenza per gli incendi che dal 23 luglio hanno colpito la nostra Isola» afferma Salvatore Cocina, capo della Protezione civile regionale. Con una nota a firma del capo della Protezione civile nazionale, Fabrizio Curcio, viene sottolineato come «pur comprendendo il disagio determinatosi in conseguenza degli eventi, gli stessi dovranno essere fronteggiati nell’ambito dei poteri e delle competenze attribuiti dalla normativa vigente alle amministrazioni e agli enti ordinariamente preposti». Secondo Curcio «sulla base della documentazione fornita e degli esiti dei sopralluoghi tecnici, pur riscontrando numerose situazioni di disagio, prevalentemente temporanee, e di puntuali danneggiamenti, si è valutato che gli eventi non siano tali da giustificare l’adozione di misure che trascendono le capacità operative e finanziarie degli enti competenti in via ordinaria».

Sulla vicenda fanno sentire la loro voce diversi esponenti delle opposizioni. Per i parlamentari del Pd Anthony Barbagallo (leader regionale del Partito Democratico) e Antonio Nicita «la Sicilia ed i siciliani non trovano spazio nell’agenda del governo. Da luglio solo comunicati e promesse di intervento ma nessun atto concreto. Anzi il governo Meloni bocciava a più riprese le nostre proposte per intervenire finanziariamente. Che differenza con la solerzia, giusta, per ristorare i danni nelle altre regioni». «Solo oggi, cioè 6 mesi dopo i roghi, Musumeci convoca un tavolo tra gli uffici di Roma e Palermo – aggiungono –. Solo oggi, ripetiamo 6 mesi dopo i roghi, Schifani si indigna e si ricorda di essere al governo della Sicilia. Aspettano le aziende danneggiate, aspettano i comuni, aspettano le famiglie che hanno perso la casa».

«L’ennesimo schiaffo alla Sicilia da parte di un governo nazionale che, con l’inerzia complice di Schifani, sta distruggendo la Sicilia. La verità è che le vere calamità per la nostra isola non sono solo gli incendi e le alluvioni, quanto gli esecutivi che ci governano a livello regionale e nazionale. Stanno distruggendo la Sicilia, se non vanno a casa per noi sarà la fine» sostengono il capogruppo del M5S all’Ars Antonio De Luca e il coordinatore regionale Nuccio Di Paola.

La vicenda rimane aperta, l’opinione pubblica isolana appare sorpresa e incredula. La questione è anche di rilievo politico nazionale. E gli scontri nel centrodestra sono evidentemente in fase di espansione.

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7 gennaio 2024 (modifica il 7 gennaio 2024 | 19:25)