Sanità, la protesta delle Regioni: contro i tagli ricorso alla Consulta

di Paola Di Caro

Fitto replica alla Conferenza dei governatori: non ci sono riduzioni, serve un uso più efficiente

Sanità, la protesta delle Regioni: contro i tagli ricorso alla Consulta

Sul tema dei finanziamenti alla Sanità non è più solo scontro tra maggioranza e opposizione, ma si rischia un conflitto istituzionale tra Regioni e governo. Ieri infatti la Conferenza delle Regioni, l’organo che le riunisce indipendentemente dal colore politico, in audizione per dare un parere sulle misure previste nel Pnrr, ha posto un vero aut aut all’esecutivo: il testo deve cambiare, e devono essere ripristinati capitoli di spesa ad oggi eliminati, o l’organo è pronto a rivolgersi alla Corte Costituzionale per ottenere i finanziamenti perduti.

E questo anche se la premier Giorgia Meloni assicura che questo governo ha previsto il fondo sanitario «più alto di sempre» e il ministro Raffaele Fitto replica alle Regioni: «Nessun taglio alla sanità. Al contrario, il governo è fortemente impegnato per garantire ospedali più moderni e più sicuri al Paese».

La richiesta delle Regioni, in particolare, è di abrogare il titolo 1 comma 13 del decreto legge Pnrr che taglia 1,2 miliardi relativi prevalentemente a opere per la sicurezza sismica delle strutture ospedaliere. In alternativa, si chiede un impegno formale per la reintegrazione dei fondi. Lo spiega Massimiliano Fedriga, presidente leghista del Friuli- Venezia Giulia e della stessa conferenza: «Su questo siamo più che disponibili a trovare un percorso condiviso col governo, ma vengano rifinanziati quegli interventi che riteniamo importantissimi per il Sistema sanitario nazionale». E qui la promessa, che diventa un avvertimento: «Utilizzeremo tutti i canali della collaborazione e se non ci fossero anche quelli di non collaborazione, se necessario, per tutelare il più possibile il servizio sanitario nazionale».

Fitto però spiega che i soldi a disposizione ci sono, ma bisogna saperli utilizzare: «Nell’ottica di un uso efficiente delle risorse pubbliche risulta irragionevole stanziare ulteriori risorse quando sono già disponibili fondi destinati alle medesime finalità e non utilizzati». E la risposta di Giorgia Meloni arriva in serata: non si può accusare il governo di tagli alla sanità. «Lo dicono i numeri, che non sono un’opinione. Il fondo sanitario nel 2024 arriva al massimo storico di sempre: 134 miliardi. E anche in rapporto al Pil, il fondo con 134 miliardi incide del 6,88%. È il dato più alto di sempre in rapporto al Pil, salvo nell’anno del Covid».

Detto ciò «abbiamo risolto il problema? No. Ci sono tante cose che vanno fatte. L’unica tesi che non si può sostenere è che abbiamo tagliato», ma ad oggi «abbiamo rifinanziato quello che riguarda i piani regionali per l’abbattimento delle liste d’attesa con ulteriori 500 milioni, abbiamo liberato con la tanto vituperata revisione del Pnrr anche i 750 milioni di euro la sanità, stiamo rivedendo il contratto degli operatori sanitari, abbiamo aumentato gli straordinari per medici e infermieri che lavorano nel nostro sistema pubblico. Tra l’altro noi mettiamo i soldi non siamo quelli che li spendono: quelli sono le regioni».

Non è d’accordo il governatore dell’Emilia-Romagna, presidente del Pd, Stefano Bonaccini: «Se di fronte al rischio di una sanità in ginocchio, nell’esecutivo non vogliono ascoltare noi, almeno ascoltino un premio Nobel e quei medici e ricercatori che lavorano ogni giorno per curare e salvare vite». Gli autori dell’appello lanciato due giorni fa «ripetono quello che diciamo da mesi, inascoltati: il governo sta smantellando la sanità pubblica a favore di quella privata. Si trovano soldi per tutto, eccetto che per la Sanità: l’Italia nel 2025 spenderà appena il 6,2% del Pil, ultimi in Europa, mentre ne servirebbe almeno l’8% come gli grandi Paesi europei».

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4 aprile 2024 (modifica il 4 aprile 2024 | 22:04)