Letta: «È una grande vittoria». Il Pd va meglio del campo largo

di Maria Teresa Meli

Adesso anche il Nord per i dem appare espugnabile. Il segretario: mettiamoci a testa bassa sulle politiche, il centrodestra perde male perché ha fatto scelte incredibili

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«Da domani ci mettiamo a testa bassa sulle politiche»: Enrico Letta, il vero vincitore di questa tornata elettorale, ha appena finito di esultare per il «risultato straordinario» (il Pd nel 2017 aveva vinto in due dei tredici capoluoghi andati al ballottaggio, ieri in otto) che già dà la linea ai suoi. «Rovesciamo molto significativamente sindaci uscenti del centrodestra, che perde male perché ha fatto scelte incredibili», aggiunge il segretario, che è convinto che il successo del centrosinistra non farà fibrillare il quadro politico: «Il governo si rafforza», dice sicuro.

Poi Letta spiega: «Alla fine della festa vincono la linearità e la serietà. Vinciamo perché la responsabilità è più importante di tutto. Il campo largo è stato preso in giro, le ironie si sono rivoltate contro chi le ha fatte perché invece questa strategia paga». Ma in realtà queste amministrative hanno fatto scoprire al Pd che lì dove si allea con il M5S non è affatto detto che vinca. Anzi. Il primo turno è stato esemplare da questo punto di vista: l’alleanza giallo-rossa non è riuscita a strappare Genova al centrodestra e, nel contempo, ha perso Palermo. Ai ballottaggi, la maggior parte delle vittorie più importanti: la riconferma di Cuneo, Parma, Piacenza e Monza sono state ottenute senza il M5S. Già, Monza: «Nella capitale della Brianza - dice Letta a suoi - è finito lo strapotere di Forza Italia e della Lega». Ed è un successo che, dopo quello di Lodi, fa ben sperare il segretario: «Saremo competitivi alle regionali in Lombardia».

E poi c’è Verona: Damiano Tommasi è un candidato civico, che il Pd ha appoggiato convintamente (il segretario ieri lo ha chiamato salutandolo con un tuonante «Grandissimo!»). In quella città (come in altre, del resto, basti pensare a Monza) i 5 stelle non hanno presentato il loro simbolo. Alcuni di loro sono stati accolti nella lista del candidato sindaco e in un’altra formazione civica. Ritenere quindi il test elettorale di Verona la prova che l’alleanza giallo-rossa funziona sarebbe quanto meno azzardato. Semmai,è la dimostrazione del fatto che anche il Nord per i dem potrebbe diventare espugnabile. E ieri sera, quando le urne erano ancora aperte, e Letta, Francesco Boccia, Debora Serracchiani, Simona Malpezzi, Beppe Provenzano e Walter Verini si riunivano al Nazareno, i dem erano decisamente soddisfatti. «A Parma non vincevamo da 24 anni», si entusiasmava Boccia. «Ci siamo meritati questi successi perché ci abbiamo sempre creduto», gli faceva eco il segretario.

Certo, ci sono anche le vittorie di Alessandria e Catanzaro, dove i dem erano con il M5S. Ma nel passaggio tra il primo e il secondo turno al Pd avevano capito che comunque l’apporto dei grillini in queste amministrative rischiava di essere limitato: «La lite tra Conte e Di Maio e il pandemonio che ha suscitato in quell’area dimostra che i 5 stelle non hanno nessun interesse per queste elezioni», si mormorava in questi giorni al Nazareno. Il Pd sta perciò man mano sfilandosi dal «rapporto privilegiato» con i 5 stelle. Ora Letta sottolinea che «prima vengono i programmi e poi le alleanze». Lascia intendere che non è detto che le primarie di coalizione in Sicilia si replicheranno in Lazio e Lombardia. Immagina il «campo largo» come un «nuovo Ulivo», di cui il Pd sarà «il perno» perché le amministrative hanno confermato che è il primo partito. E questa «soddisfazione» attenua il dispiacere di aver perso Lucca.

«Si prospetta una grande vittoria del Pd e del centrosinistra»: prima di mezzanotte Enrico Letta rompe gli indugi perché il successo dei dem è palese.
Queste amministrative hanno fatto scoprire al Pd che lì dove si allea con il M5S non è affatto detto che vinca. Anzi. Il primo turno è stato esemplare da questo punto di vista: l’alleanza giallo-rossa non è riuscita a strappare Genova al centrodestra e, nel contempo, ha perso Palermo. Ora nella maggior parte dei capoluoghi di provincia il candidato sostenuto dai dem è in vantaggio nei ballottaggi lì dove il Partito democratico non ha siglato un’alleanza ufficiale con i grillini. Esemplare in questo senso Parma, dove già alle undici e mezzo di sera la vittoria era del candidato del centrosinistra. O Piacenza, che era del centrodestra. O,ancora la conferma di Cuneo.

E Verona, che ieri anche gli esponenti di centrodestra davano per persa già dalla mattinata, Damiano Tommasi è un candidato civico, che il Pd ha appoggiato convintamente. In quella città (come in altre, del resto) i 5 stelle non hanno presentato il loro simbolo. Alcuni di loro sono stati accolti nella lista del candidato sindaco e in un’altra formazione civica. Definire quindi il test di Verona come la prova che l’alleanza giallo-rossa funziona sarebbe quanto meno azzardato. Semmai, è la dimostrazione del fatto che anche il Nord per i dem potrebbe diventare espugnabile. E ieri sera, quando le urne erano ancora aperte, e Letta, Francesco Boccia, Debora Serracchiani, Simona Malpezzi, Beppe Provenzano e Walter Verini si riunivano al Nazareno, i dem erano decisamente soddisfatti. «A Parma non vincevamo da 24 anni», si entusiasmava Boccia.

Certo, ci sono anche le vittorie di Alessandria e Catanzaro, dove i dem erano con il M5S. Ma nel passaggio tra il primo e il secondo turno al Pd avevano capito che comunque l’apporto dei grillini in queste amministrative rischiava di essere limitato: «La lite tra Conte e Di Maio e il pandemonio che ha suscitato in quell’area dimostra che i 5 stelle non hanno nessun interesse per queste elezioni», si mormorava in questi giorni al Nazareno. Il Pd sta perciò man mano sfilandosi dal «rapporto privilegiato» con i 5 stelle.

Ora Letta sottolinea che «prima vengono i programmi e poi le alleanze». E lancia il nuovo Ulivo, di cui il Pd sarà «il perno» perché le amministrative di due settimane fa hanno confermato che è il primo partito. Non è un caso, dunque, se i dem appaiono quasi imbarazzati per le primarie siciliane che terranno insieme ai grillini a luglio.Il segretario si dice «molto contento» della partecipazione dei 5 stelle. Ma poi, aggiunge: «Quello della Sicilia sarà l’ultimo voto prima delle politiche. Sulla base di questo discuteremo nel Lazio, in Lombardia, dove la discussione è già cominciata, e in Friuli». Come a dire che la Sicilia sarà l’ultimo banco di prova per le primarie di coalizione, poi si farà il punto. E non è detto che quell’esperienza si ripeta. Anche perché, come precisa sempre Letta, «il nostro statuto e il buon senso politico dicono che quando c’è un candidato con un consenso davvero ampio le primarie non si fanno». Insomma, se dovesse spuntare in una delle altre regioni in cui si andrà a votare più tardi rispetto alla Sicilia, un nome veramente convincente il Pd questa volta non arretrerà davanti a eventuali veti grillini.

27 giugno 2022 (modifica il 27 giugno 2022 | 02:38)