21 maggio 2020 - 16:31

«Elezioni regionali a settembre»: Conte apre all’ipotesi. E sul Mes dice: «non è la soluzione»

Il presidente del consiglio lo ha detto rispondendo a una domanda dei cronisti. Alle urne Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia. Le date ipotizzate sono il 13 e 14 del mese

«Elezioni regionali a settembre»: Conte apre all'ipotesi. E sul Mes dice: «non è la soluzione»
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«Si sta lavorando a questa possibilità, non è il governo che decide, è una scelta condivisa». Lo spiega ai cronisti, al Senato, il premier Giuseppe Conte parlando dell’ipotesi del voto sulle Regionali in settembre. Alle urne dovrebbero andare i cittadini di Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia. Perché, è la riflessione che si fa nell’esecutivo, bisogna tener presente che andando troppo in là con le date, l’Italia potrebbe ripiombare nell’emergenza coronavirus e le elezioni rischierebbero di saltare nuovamente. Ma restano i dubbi bipartisan sull’ipotesi di svolgere le elezioni regionali, comunali e il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari in un’unica tornata a metà settembre (si ipotizzano le date del 13 e 14).

Ci sarà tempo fino a martedì prossimo, quando tornerà a riunirsi la commissione Affari costituzionali della Camera, per tentare una intesa e sminare il terreno da possibili contrapposizioni, soprattutto con le Regioni che, garantiscono nella maggioranza, «nessuno si augura». Lo stesso presidente della commissione, il pentastellato Giuseppe Brescia, nel chiudere la seduta odierna ha auspicato «si trovi un accordo». Ma le perplessità sull’opportunità di un voto a metà settembre, con una campagna elettorale che si dovrebbe quindi svolgere nel pieno delle ferie estive, in agosto, sono state sollevate anche dalle forze di maggioranza, pur senza atteggiamenti di netto contrasto. Più ferma la posizione delle opposizioni, con Forza Italia irritata anche per il metodo: ovvero, due emendamenti della relatrice Anna Bilotti (M5s) al decreto Elezioni, presentati oggi in commissione Affari costituzionali, «senza che nessuno ne sapesse nulla».

Sempre il premier Conte ha parlato anche dell’argomento Mes: ««Il Mes non è un mio obiettivo e non lo è mai stato anche per la consistenza, non è solo un problema di condizionalita’ e di sensibilità politiche interne». Ma i 36 miliardi non servono per la sanità? «Non si fa questo tipo di valutazione, se è poco o è molto. È un prestito. Quando si va in banca, la banca poi chiede un piano di rientro o di ammortamento. Non è che non mi fido, ma è comunque un prestito da restituire», osserva il presidente del Consiglio.

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