15 marzo 2019 - 23:02

Conte tra Lega e M5S «pesa» la Tav: va rivisitata, non bloccata

Le liti tra gli alleati. In Aula sfida di mozioni sulla Cina. Non è facile gestire due partiti che hanno posizioni opposte, anzi contrapposte

di Francesco Verderami

Giuseppe Conte (Ansa) Giuseppe Conte (Ansa)
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Sfida la forza di gravità con la levitazione, e in fondo ci vuole del talento a trovare le parole giuste per arrotondare una realtà fatta ormai solo di spigoli. Eppure Conte finora è riuscito nell’impresa, nonostante guidi un governo in cui gli azionisti di maggioranza sono quotidianamente intenti a cercare motivi di conflitto, piuttosto che a trovare punti di convergenza. «Sono le tensioni elettorali», dice il premier, che persino nei colloqui riservati disegna scenari a lungo termine e indica le scadenze, soprattutto quelle relative alle scelte per le nomine. Nel frattempo, per non cadere, si esprime in modi diversi a seconda degli interlocutori. Non c’erano grillini, l’altro giorno, quando si è messo a parlare di Tav dopo l’audizione al Copasir. E forse in quel frangente si sentiva più avvocato che presidente del Consiglio, se è vero che — come molti colleghi forensi — ha usato una citazione latina per introdurre il suo pensiero: «Sic stantibus rebus, l’opera può essere profondamente rivisitata ma non può non essere realizzata». La doppia negazione è una sorta di paracadute che si apre per preparare un atterraggio morbido. Le volte che non può servirsene, usa un altro escamotage. Accade durante le riunioni di maggioranza, quando la domanda è troppo diretta: «Presidente, siccome l’economia sarà il tema vero dopo le Europee, ci stiamo preparando?». Risposta: «Lo so che il vero tema dopo le Europee sarà l’economia». E siccome in quella sede c’erano dei leghisti, si è ben guardato dal confermare le voci secondo cui nel governo si starebbe lavorando all’aumento dell’Iva per sanare i bilanci pubblici.

Salvini e il senso della manovra

D’altronde non è facile gestire due partiti che hanno posizioni opposte, anzi contrapposte. Al punto tale che la settimana prossima il Parlamento, invece di votare la solita mozione comune di maggioranza, potrebbe votarne due: una grillina e una del Carroccio. Sulla via della Seta Di Maio e Salvini hanno preso (come al solito) direzioni diverse, e il memorandum cinese ha confermato — come ammette un autorevole ministro — «l’inesperienza e l’imperizia del governo», che ha sottovalutato la portata dell’evento. L’ambasciatore statunitense, dopo averla spiegata al sottosegretario Giorgetti e al titolare della Farnesina Moavero, ha provato a farla capire all’avvocato Alpa, amico intimo e mentore di Conte: il tema — questo il senso del colloquio — va ben oltre il testo del trattato. Il premier, che ha capito il senso, non ha però i margini per far mutare idea a Di Maio. Salvini, che ha afferrato il senso ma lavora solo per se stesso, ha pensato di prendere le distanze dall’alleato. E al termine di un vertice assai burrascoso, nella Lega è nata l’idea di presentare una «mozione di partito» quando martedì il capo del governo si presenterà alle Camere per enunciare le linee guida del governo in vista del Consiglio europeo.

La Cina si avvicina

Un passaggio parlamentare scontato e formale potrebbe trasformarsi in un atto di crisi, se non fosse che il giono dopo la maggioranza è attesa al Senato, dove andrà votata l’autorizzazione a procedere richiesta dalla magistratura contro Salvini per il «caso Diciotti». Così ieri sera si stava lavorando a un compromesso che farebbe storia. Siccome i temi sono diversi, allora la maggioranza li dividerebbe in due distinte mozioni: una dei Cinquestelle su Brexit, lavoro, ambiente, mercato e persino lotta alla disinformazione; una della Lega sulla Cina. L’escamotage servirà al governo per evitare il patatrac interno. Chissà se dopo la gestione della crisi venezuelana e dell’affaire F-35 basterà anche per riaffermare la propria postura nelle alleanze internazionali. «Escludo ritorsioni delle agenzie di rating americane verso l’Italia dopo il nostro accordo con Pechino», rispose Conte giorni fa a precisa domanda del direttore diLimes. La Cina si avvicina, e «andrebbe rafforzato subito lo strumento della Golden power», chiede il presidente del Copasir Guerini. Il premier ha fatto sapere che terrà fede all’impegno: la norma verrebbe inserita nel decreto «sblocca cantieri», ed estenderebbe l’«interesse nazionale» anche alle gare per appalti pubblici, così da mettere al riparo l’Italia sulla tecnologia G5. Tutto va di corsa nel governo, tutto si muove apparentemente senza una strategia. «Ci sono le elezioni a maggio», dice Conte. Chissà se darà retta a un suo ministro, secondo cui «ci sono dinamiche che impongono delle scelte. Prima».

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